Di solito è proprio d’estate che ci accorgiamo di quanto la Puglia sia diventata “caput mundi”! Perché? Cosa trova qui il turista che non trova altrove? Basta il cibo? Oppure è l’aria? La luce? I muretti a secco?
Evidentemente bastano e avanzano cibo, aria, luce, muretti a secco, mare, centri storici, barocco, romanico, cattedrali, castelli… A tutto questo bisogna poi aggiungere una certa reputazione in quanto regione diversa dalle altre regioni meridionali, la pizzica, Checco Zalone, Carofiglio, Renzo Arbore… E che volere di più da una vacanza di una quindicina di giorni, a prezzi più o meno accessibili?
Anche quest’anno siamo e saremo tra le mete turistiche più ambite.
Più ambite e, purtroppo, più frequentate.
Sembra che ti dispiaccia. Sarai mica un nemico del turismo, che pure porta soldi e occupazione?
Hai capito perfettamente a cosa mi voglio riferire: c’è turismo e turismo. Tanto per cominciare, anche la reputazione della regione più bella del mondo e questo enorme flusso di gente in cerca di un bel posto dove fare il bagno e dove mangiare bene – a vantaggio degli operatori turistici, dei ristoratori, degli albergatori, dei baristi, dei commercianti, dei concertisti, dei bagnini, dei camerieri, delle donne e gli uomini delle pulizie, dei benzinai, degli organizzatori di eventi, dei discotecari eccetera eccetera – ci cadono praticamente dall’alto. In gran parte, non sono merito nostro. Dobbiamo ringraziare la natura, la storia, le conseguenze virtuose del sottosviluppo, la velocità dei trasporti e ovviamente l’accentuazione dei fenomeni connessi alla Rete e alla globalizzazione di usi, costumi, conoscenze e mode. Questo boom non l’abbiamo costruito noi pugliesi contemporanei. Non ce l’aspettavamo proprio. E adesso, ovviamente, non riusciamo a gestirlo proficuamente, semmai è esso che ci porta dove vuole, a seconda delle forme perlopiù imperscrutabili che prende e che non dipendono da noi.
C’è chi sostiene sia stato un errore assecondare l’attuale turismo di massa e propone di dare una sterzata, in direzione di un turismo d’élite…
Credo che fra il caos, gli ingorghi, le cafonerie e le speculazioni piccole e grandi che angustiano le estati pugliesi e la prospettazione di un’estate pugliese concentrata su masserie di lusso, spiagge esclusive, silenzio monacale e cafonerie alla Briatore, ci sia abbastanza spazio per muoversi con maggiore accortezza e lungimiranza di quanto non si faccia ora. Io ho frequentato Leuca negli anni settanta, era un paradiso in terra. Qualche anno fa ci sono tornato e quasi non ci si poteva nemmeno camminare a piedi, per l’affollamento. Sono scappato. Leuca mi vede e mi vedrà solo fuori stagione. Mi è capitato, più recentemente, di dover raggiungere una spiaggia salentina, in piena estate, da una località dell’interno. Ingorghi mattutini anche peggiori di quelli che si formano sulle strade consolari per raggiungere il centro Roma mi hanno convinto a tornare indietro e a rinunciare al mare più bello del mondo. Un autentico disastro. Fondato su un paradosso folle: il Salento attira e affascina perché è quello che è – sole, mare, natura, barocco e silenzio – ma poi attirati e affascinati vengono qui e stravolgono tutto. Un paradosso che è proprio dell’umanità. Anche nel mio paese vicino Roma, i paesani sono attirati e affascinati dalla piazzetta del centro storico, ci vengono per godersela un po’. Ma di fatto non se la godono e non consentono più ad altri di godersela perché arrivano con le auto e le parcheggiano ovviamente nella piazzetta, trasformandola in un inestricabile e orrendo parcheggio.
Che facciamo, allora? Passiamo al numero chiuso? Scoraggiamo il turismo meno remunerante?
Al contrario: diversificare e incoraggiare in varie direzioni, per varie tipologie e a vari livelli. La Puglia è tra le regioni italiane quella che offre più varietà, sia dal punto di vista del territorio, delle coste e del mare, sia da quello degli insediamenti turistici, sia ancora da quello ambientale, architettonico, urbanistico e storico-culturale, sia addirittura da quello “caratteriale” delle popolazioni locali (basti solo accennare ai modi gentili e cortesi dei salentini e a quelli più sbrigativi e dinamici dei baresi). Oggi l’immagine forte e quasi ossessiva è quella del Salento, lu mare lu sule lu ientu e la pizzica. E la provincia di Foggia? Pugnochiuso, le isole Tremiti, il parco nazionale del Gargano, Pizzomunno, la Baia delle Zagare… Ma hai forse mai sentito parlare di Sospetto, della spiaggia dorata di Procinisco, di Vignanotica, di Cala della Sanguinara, della spiaggia Zaiana? Solo adesso comincia a prendere forma il culto della Valle d’Itria, si spera meno omologante e devastante di quello estivo di cui è oggetto il Salento. E invece, per passare ad un terzo gran tesoro della nostra regione, pare che solo io mi sia accorto di “un bene storico, urbanistico e architettonico diffuso, antico e unico al mondo, compreso in un fazzoletto di territorio stretto fra le Murge e il mare Adriatico che si allunga, al massimo, da Barletta a Monopoli. Una trentina di chilometri in larghezza, un centinaio in lunghezza. E dentro, a portata di mano, le meraviglie del mondo. Dedali arabeschi di vicoli e piazze, cattedrali bizantine e romaniche, castelli longobardi normanni svevi angioini e aragonesi, insediamenti rupestri e splendidi palazzi nobiliari, luminosi lungomari e ulivi secolari, masserie spagnolesche…”, come ne scrivevo più di tre anni fa. “Una rete, un territorio unitario, se si vuole anche un potenziale, potente brandturistico, che non viene percepito e, comunque, non è conosciuto come tale e come meriterebbe”. Quindi: Salento, Gargano, Valle d’Itria, la rete dei centri storici Ba-Bat e non dimentichiamo la meravigliosa zona murgiana comprensiva di Altamura, Gravina e Matera, più barese che lucana. Altro che solo ed esclusivamente il Salento-pollaio! Altro che solo pizzica! E Matteo Salvatore e i Cantori di Carpino? E gli altamurani Uaragniaun, con l’eccellenza delle ricerche e della voce di Maria Moramarco?
Di chi la colpa di queste disattenzioni e manchevolezze?
Paghiamo naturalmente il ritardo (in ogni settore) dovuto allo squilibrio Nord-Sud e la frammentazione tipica del sottosviluppo. La prima colpa, a parte questo, non può che essere della Regione. È vero che essa è stata istituita con oltre vent’anni di ritardo sul disposto costituzionale, che nel frattempo avevano messo radici enti e istituzioni sostitutive (come la Cassa per il Mezzogiorno e le Province) e che ha battagliato decenni per ottenere un corpus adeguato di funzioni e di risorse, ma è anche vero che la Regione Puglia, come tutte le altre, opera ormai da più di mezzo secolo. Purtroppo si deve rilevare che, ancora una volta, ciò che di buono è avvenuto – nel settore turistico e culturale – lo si deve prevalentemente a fenomeni ed eventi complessivi oppure a provvidenziali, singole azioni spontanee (penso, ad esempio, all’invenzione della Notte della Taranta da parte del comune di Melpignano). Anche il boom turistico è figlio di tutto questo. Mi pare che le istituzioni, sinora, siano riuscite a stento a star dietro a tutto questo con provvedimenti e interventi disuniti, discontinui, privi di una idea strategica, con definite priorità e specifici obiettivi. Questa congerie di provvedimenti e interventi si sono prestati, in qualche caso, a un buon ritorno d’immagine (penso alle numerose fiction girate nelle nostre location storico-ambientali, ma non agli spot promozionali, decisamente poco riusciti) oppure si sono dispersi in incontrollati contributi a pioggia o in mirati contributi discrezionali. In effetti, anche da noi la politica e quindi le istituzioni hanno pagato il conto al generale declino e alla crisi della vita pubblica di cui soffre l’Italia. Il potere – una volta gestito anche male ma almeno in logiche di funzionamento democratico, con livelli locali e nazionali interdipendenti e continuamente costretti al dialogo, allo scontro e all’integrazione – oggi è bipolare: decisioni generali centralizzate nelle mani di pochi leader a Roma, e azioni e risorse accaparrate da pochissimi cacicchi (perlopiù presidenti di Regione) in periferia. Un fenomeno legato evidentemente alla scomparsa dei partiti, al superamento delle intermediazioni e quindi alla sostanziale esternalizzazione dei poteri decisionali (a favore dei centri di potere economico e finanziario).
Non abbiamo speranza, quindi?
Ce l’abbiamo, ce l’abbiamo. La Puglia è bellissima, stanno già preparando la nuova serie di Lolita Lobosco anch’essa ambientata ovviamente dalle nostre parti e la protagonista, Luisa Ranieri, ha spiegato addirittura in una cover-story (il settimanale 7 del Corriere della Sera) che rispetto alla sua città, Napoli, “più aggressiva”, trova la Puglia “decisamente più dolce, la trovo protettiva, quasi materna. I baresi hanno toni più morbidi”. Ora, a parte la particolare morbidezza che lei avrebbe riscontrato nei baresi – che io, per mio demerito, non ho mai riscontrato, ma che lei evidentemente ha suscitato nei baresi con cui ha avuto a che fare – trovo la tesi della Puglia “protettiva, materna” molto interessante. Non ci avevo mai pensato. Ma forse Luisa Ranieri ha ragione. Se fosse vero, forse avremmo scoperto il vero motivo all’origine del tanto successo, di reputazione e turistico, della nostra regione. Che dici tu? Trovi la Puglia particolarmente protettiva e materna?
Che ti devo dire. Io sono nato a Napoli ed ogni volta che ci torno mi scoppia qualcosa dentro; quindi, sarà perché sono esule, ma guai a chi me la tocca a lei ed ai napoletani. Detto questo, però ammetto e rilancio il senso di protezione e di maternità della Puglia che, inutile negarlo, è proprio femmina! Chiudo con una piccola, ma doverosa precisazione. Non è vero che le fortune del turismo ci sono cadute dall’alto e non sono merito nostro. Certo dobbiamo ringraziare la natura, la storia e quant’altro, ma questo boom l’abbiamo costruito anche noi. La Valle d’Itria è da tanto che la chiamano “trullishire” per quanti inglesi la popolano stabilmente. Negli ultimi vent’anni i pugliesi si sono svegliati, si sono dati da fare, hanno fatto rete anche e soprattutto grazie alle istituzioni locali (a cominciare dalla Regione) che hanno dato la stura allo sviluppo con provvedimenti e interventi organici, continui, non privi di un’idea strategica, con definite priorità e specifici obiettivi. Pugliapromozione, Apulia Film Commission, gli Assessorati regionali allo Sviluppo economico ed all’Agricoltura non sono stati a guardare, anzi, hanno preso in mano la situazione e tra eccellenze, promozioni, aeroporti, accordi con compagnie aeree e campagne pubblicitarie “all around the world” hanno “cambiato faccia” a questi posti. Io ero qui e lo posso testimoniare con sincerità ed avvedutezza. Chiudo con un desiderio: la voglia di andare a visitare Sospetto, la spiaggia dorata di Procinisco, quella di Vignanotica, di Cala della Sanguinara, della Zaiana. Non vedo l’ora! Magari ci vado con il Presidente Emiliano. Che fai, ci accompagni?
BEPPE LOPEZ, classe 1947, è nato a Bari, nel quartiere Libertà. Da giornalista, direttore di giornali e di agenzia e saggista, si è occupato per oltre mezzo secolo di politica interna, di giornali locali e di analisi e critica dell’informazione. Ha collaborato con le più importanti testate nazionali. Ha partecipato come cronista politico alla fondazione del quotidiano la Repubblica. Ha fondato e diretto quotidiani e riviste. Ha diretto la Quotidiani Associati. Ha pubblicato racconti storici e saggi sul giornalismo, ottenendo uno straordinario successo editoriale in particolare con La casta dei giornali (Stampa Alternativa 2007). Di notevole rilievo per la cultura e la musica popolare italiana la sua biografia di Matteo Salvatore, L’ultimo cantastorie (Aliberti 2018).
Ha esordito come narratore con Capatosta (Mondadori 2000), divenuto subito un importante caso letterario, proseguendo con Mascherata reale (Besa 2004), La scordanza (Marsilio 2008) e La Bestia! (Manni 2015).
Sono appena arrivati in libreria il suo ultimo romanzo, Capibranco e la trilogia Quartiere Libertà, contenente i suoi tre romanzi ambientati in questo quartiere popolare di Bari (Capatosta, La scordanza e Capibranco), che raccontano, con un vivace “idioletto” conformato su italiano e materiale dialettale barese, un secolo di vita nazionale e un quartiere simbolico dell’intera umanità.
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