12 Ottobre 2024 - Ore
Politica

Beppe Lopez intervistato da Stornaiolo (dialogo 24)

I sondaggi dicono Meloni? Ma i consensi sono aleatorii e imprevedibili

Caro Maestro, oggi cominciamo con una bella domanda piena piena come una cozza… ripiena. Hanno chiesto agli italiani un giudizio su Draghi ed in maggioranza hanno risposto: “ottimo”; poi, agli stessi, hanno chiesto chi voteranno il 25 settembre e quelli, sempre in maggioranza, hanno risposto: “la Meloni” che, a ben vedere, è stata l’unica a rimanere all’opposizione durante il Governo Draghi. Com’è possibile tutto ciò? Come fanno a piacere contemporaneamente due opposti? È solo un problema di chiacchiere e distintivo? Attendo con speme una bella rispostina precisa precisa. 

Prima di risponderti, vado a vedere gli ultimissimi sondaggi… Ce n’è uno o forse due per i quali il miglior premier non sarebbe né Draghi né Meloni, ma l’ottantacinquenne Berlusconi… Ce n’è poi uno per cui la maggioranza degli italiani vorrebbe eleggere direttamente il capo dello Stato e un altro per cui va bene invece l’attuale sistema di pesi e contrappesi centrato sul potere parlamentare… Ce n’è uno per cui Fratelli d’Italia rafforza la propria posizione di potenziale primo partito, accentuando la distanza dal secondo partito, il Pd, e un altro per cui il Pd supera, anche se per un soffio, Fratelli d’Italia… Il tuo sconcerto, poi, sulla contraddizione fra “ottimo Draghi” e “ottima Meloni” assomiglia a quello di illustri opinionisti che hanno rilevato la stessa contraddizione da parte della platea del meeting di Rimini, peraltro dimenticando che quella platea e quelle manifestazioni di giubilo non provenivano dal “popolo italiano” ma dal “popolo di Comunione e liberazione”. Due entità, grazie al cielo, decisamente diverse.

Che vuol dire? Che non dobbiamo dar retta ai sondaggi?

Potremmo parlare a lungo dei limiti dei sondaggi, in particolare in una fase politica assai particolare, come quella che vive l’Italia, dove il consenso a partiti e movimenti ha una sua forte peculiarità proprio nell’estrema aleatorietà e friabilità. In tutta evidenza, poi, i sondaggi sono il frutto anche degli interessi del committente, dell’impostazione delle domande, dall’estensione e della qualità della porzione di “popolo” intervistato e in generale delle loro caratteristiche strutturali. Una cosa è rispondere a una domanda, una settimana o un mese prima delle elezioni e tutta un’altra cosa votare concretamente nel chiuso della cabina elettorale. È una follia parlare di vittorie e sconfitte – fare intervistone, elaborare editoriali, montare un personaggio anziché un altro – quando, come sta succedendo anche questa volta, le differenze fra due partiti risultano (ai sondaggi!) di uno o due punti o addirittura di zero virgola… Detto questo, i sondaggi qualche indicazione di massima la danno e bisogna evidentemente tenerne conto, farne tesoro, ma di qui a farne un elemento costitutivo della realtà mi pare eccessivo, prestandosi peraltro a falsificazioni e manipolazioni.

Insomma, calma e gesso. Ma si può dire che il centrodestra e Meloni hanno buone chances per vincere la partita?

Certo che ce le hanno. Ma questo è dipeso e dipende soprattutto dagli errori e dai ritardi del centro-sinistra più che da oggettivi meriti del centrodestra o di Meloni (che sarebbe riuscita a raccogliere l’eccezionale messe di voti che le attribuiscono i sondaggi sostanzialmente non facendo altro che restandosene sola all’opposizione). Ma di qui ad agitarsi per annunciare subito i futuri ministri, come ha fatto Salvini o ad anticipare e sovrapporsi irrispettosamente alle funzioni e alle scelte del Capo dello Stato, a un mese dalle elezioni, affermando con sicumera “se vinciamo le elezioni, Mattarella non può non darmi l’incarico”, ne corre. Tanto è vero che lo stesso alleato Salvini tiene a precisare: “Meloni presidente del Consiglio? Prima si vota, poi decide Mattarella. Io non impongo nomi al Capo dello Stato”.

E il Pd, che fa? Prevedi una sconfitta certa del Pd e del centro-sinistra?

Sono stati e sono molti i condizionamenti che derivano al segretario Enrico Letta dall’essere rimasto il Pd l’unico vero partito in campo. Una cosa è per un leader poter godere del massimo di libertà di movimento consentito da un partito personale o proprietario, tutta un’altra cosa è operare all’interno di procedure proprie di una organizzazione democratica, fare quotidianamente i conti con correnti e interessi differenziati, e con il potere assoluto che hanno trasformato certi presidenti di Regione in smaniosi e ambiziosissimi cacicchi. Per non parlare di personaggi assolutamente imprevedibili e in perpetua auto-esaltazione dinamica come Calenda e Renzi. Detto questo, non escludo un esito positivo per il centro-sinistra (per i progressisti, diciamo così) e per il Pd. Letta mi ha già personalmente sorpreso in questi mesi, riuscendo a tenere a bada tutte le correnti e i centri di potere interne al Pd e intanto, a proposito di sondaggi, a reggere il confronto con Fratelli d’Italia sul terreno dei consensi. Uno stile, il suo, tutto mediazioni e confronto civile, che sembrava destinato ad essere travolto dalle furberie e dalle volgarità dominanti. E invece, no. Ha retto. Vuoi vedere che il buon Letta ci riserva qualche sorpresona anche il 25 settembre?

Conclusione…

I sondaggi dicono Meloni, ma i consensi sono aleatorii e imprevedibili.

BEPPE LOPEZ, classe 1947, è nato a Bari, nel quartiere Libertà. Da giornalista, direttore di giornali e di agenzia e saggista, si è occupato per oltre mezzo secolo di politica interna, di giornali locali e di analisi e critica dell’informazione. Ha collaborato con le più importanti testate nazionali. Ha partecipato come cronista politico alla fondazione del quotidiano la Repubblica. Ha fondato e diretto quotidiani e riviste. Ha diretto la Quotidiani Associati. Ha pubblicato racconti storici e saggi sul giornalismo, ottenendo uno straordinario successo editoriale in particolare con La casta dei giornali (Stampa Alternativa 2007). Di notevole rilievo per la cultura e la musica popolare italiana la sua biografia di Matteo Salvatore, L’ultimo cantastorie (Aliberti 2018).

Ha esordito come narratore con Capatosta (Mondadori 2000), divenuto subito un importante caso letterario, proseguendo con Mascherata reale (Besa 2004), La scordanza (Marsilio 2008) e La Bestia! (Manni 2015). 

Sono appena arrivati in libreria il suo ultimo romanzo, Capibranco e la trilogia Quartiere Libertà, contenente i suoi tre romanzi ambientati in questo quartiere popolare di Bari (Capatosta, La scordanza e Capibranco), che raccontano, con un vivace “idioletto” conformato su italiano e materiale dialettale barese, un secolo di vita nazionale e un quartiere simbolico dell’intera umanità.

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