12 Ottobre 2024 - Ore
Politica

Beppe Lopez intervistato da Stornaiolo (dialogo 25)

DUE TIPI RUSSI E UNIVERSALI: GORBACIOV, RIFORMISTA E PERSONA BUONA; PUTIN, DESPOTA E PERSONA CATTIVA

Maestro, tu lo sai che io ho un debole per il Novecento, il secolo breve. L’attualità m’interessa, non sia mai, ma quei giorni lì, nel bene e nel male, per me sono stati davvero speciali. Un protagonista assoluto del periodo ci ha appena lasciati: Michail Gorbacëv. Me lo racconti a modo tuo?

La gran parte degli uomini – credo anche la gran parte degli animali, a modo loro – vuole essere amata, apprezzata, ammirata, ha e cerca empatia, cerca condivisione. Perciò, quando salì al potere in Urss un uomo caratterizzato da una grande carica umana quale subito si mostrò Gorbaciov– contrariamente ai suoi predecessori tipo Brežnev, Andropov, Cernenko e Gromyko, nei quali prevaleva il profilo di più o meno rigidi custodi dell’ortodossia sovietica – che successe? Che al Cremlino, specie nelle stanze del capo e dei suoi più stretti collaboratori, cominciò a prevalere una istanza a riformare il comunismo traducendolo di fatto in un sistema socialdemocratico (la perestroika) e a rendere la vita pubblica in pratiche e comportamenti trasparenti, qualificati dal concetto di libertà (la glasnost). All’esterno questo significava lavorare per la fine della guerra fredda e dell’isolamento internazionale dell’Urss. Nientemeno! La rivoluzione! Non a caso fu con Gorbaciov che ci furono la caduta del Muro di Berlino, l’unificazione della Germania e il superamento (certamente travagliatissimo) della divisione in due del mondo ereditata dalla seconda guerra mondiale.

 

Eppure in Russia ancora gli rimproverano di aver fatto capitolare l’Urss!

I modi e la velocità che presero quelle decisioni di Gorbaciov – e le loro conseguenze fattuali, non tutte virtuose, prolungatesi sino ad oggi – non possono essere addebitati a lui. Lui fu fatto fuori subito. E non solo da chi (militari, vertici del partito e dello Stato) osteggiava la sua linea politica aperturista, né all’opposto solo dai liberisti che avrebbero voluto, a parole, un’autoriforma più veloce e occidentalista. Ci volle, nell’agosto del 1991, il combinato disposto di un tentativo di colpo di Stato (abortito) dei primi e della sua irruente strumentalizzazione da parte dei secondi. Così ai drammi e alle tragedie causate dal mondo dominato dalle due super-potenze, si sono aggiunte in questo trentennio i drammi e le tragedie causate dalla fine probabilmente (o forse inevitabilmente) precipitosa di quell’ordine. Immagino che, se fosse dipeso da lui, se avesse potuto gestire lui, da grande e illuminato riformatore, i modi e la velocità delle innovazioni, le loro ricadute in termini di disordine e di illiberalità forse sarebbero state meno devastanti. Forse. 

 

Vuoi azzardare un paragone con Putin o ti sembra improprio come parallelismo?

Putin o meglio il putinismo e soprattutto ciò che ha funestamente svelato la criminale invasione dell’Ucraina si inscrivono indubbiamente in una corrente di arcaico, tragico nostalgismo per i tempi pre-gorbacioviani. Per Romano Prodi, che di Russia se ne intende, “Putin ha grande nostalgia della Russia dello Zar non dell’Urss”. Dello Zar e di Stalin, aggiungono in molti. Putin, poi, alimenta sempre di più il culto della sua personalità, del Grande Padre e della Grande Madre Russia… L’approccio di Gorbaciov, trent’anni fa, era più moderno non solo rispetto ai suoi predecessori e ai suoi successori (il degrado anche morale e affaristico comincia proprio con Eltsin). Era molto più moderno di quello attuale di Putin. Altro che perestroika, glasnost, fine della guerra fredda e dell’isolamento internazionale dell’Urss. Purtroppo per tutti, Putin appare schiacciato e determinato dalla sua cultura vecchia e improponibile, anzi più dal suo carattere, dalla sua caratterialità, che da convinzioni culturali e intenzioni politiche. È una figura tragica. Emblematica l’immagine di Putin che va, tutto solo, ad onorare la salma di Gorbaciov, al quale però nega gli onori di Stato. Un misto contraddittorio di riverenza e odio, di rabbia e di ammirazione, di umanità repressa e di cinismo politico… 

 

Insomma non si può dire che faccia parte della gran parte degli uomini – e degli animali, a modo loro – che vuole essere amata, apprezzata, ammirata, che tende alla condivisione…

Eh, no. Questi sono uomini dotati di umanità. Sono il tipo Gorbaciov. Putin invece non vuole essere amato. Vuole incutere terrore. Nessuna empatia, nessuna condivisione: vuole decidere da solo, operare in base a criteri imperscrutabili (o magari a una disordinata assenza di criteri) di cui non dar conto a nessuno. È un uomo solo. Una persona cattiva, malvagia, maligna, con una indubbia, inevitabile componente criminale. Gorbaciov era una persona buona. Alla fine, anche per risalire all’origine dei comportamenti politici – persino in un contesto come quello russo, con un sistema perennemente autoritario che (dagli zar, al partito, a Putin) provvede e pensa per il cittadino suddito – forse vale la pena fare riferimento ai valori che connotano gli individui dal semplice, fondamentale punto di vista umano. In questo senso, Gorbaciov e Putin, nell’altezza del primo e nell’estremismo del secondo, sono due tipi russi, ma prima ancora due tipi universali.

 

BEPPE LOPEZ, classe 1947, è nato a Bari, nel quartiere Libertà. Da giornalista, direttore di giornali e di agenzia e saggista, si è occupato per oltre mezzo secolo di politica interna, di giornali locali e di analisi e critica dell’informazione. Ha collaborato con le più importanti testate nazionali. Ha partecipato come cronista politico alla fondazione del quotidiano la Repubblica. Ha fondato e diretto quotidiani e riviste. Ha diretto la Quotidiani Associati. Ha pubblicato racconti storici e saggi sul giornalismo, ottenendo uno straordinario successo editoriale in particolare con La casta dei giornali (Stampa Alternativa 2007). Di notevole rilievo per la cultura e la musica popolare italiana la sua biografia di Matteo Salvatore, L’ultimo cantastorie (Aliberti 2018).

Ha esordito come narratore con Capatosta (Mondadori 2000), divenuto subito un importante caso letterario, proseguendo con Mascherata reale (Besa 2004), La scordanza (Marsilio 2008) e La Bestia! (Manni 2015). 

Sono appena arrivati in libreria il suo ultimo romanzo, Capibranco e la trilogia Quartiere Libertà, contenente i suoi tre romanzi ambientati in questo quartiere popolare di Bari (Capatosta, La scordanza e Capibranco), che raccontano, con un vivace “idioletto” conformato su italiano e materiale dialettale barese, un secolo di vita nazionale e un quartiere simbolico dell’intera umanità.

 

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