Dopo la sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea che ha definitivamente sancito il diritto all’oblio per la tutela della riservatezza di tutti gli utenti di internet, anche i Tribunali italiani si occupano del tema. Il principio affermato da una recente sentenza del Tribunale Milano depositata il 06.12.2015 chiarisce che non esiste una soglia temporale minima in grado di garantire il diritto all’oblio. Una notizia di vari anni fa, può ancora essere considerata attuale e perciò degna di essere indicizzata dai motori di ricerca, se il fatto riacquista interesse pubblico in virtù di nuovi episodi di cronaca ad esso collegati. Il Tribunale di Milano ha ricordato la necessità di valutare caso per caso la rilevanza sociale degli argomenti trattati. In particolare, quindi, la responsabilità del provider e il relativo obbligo di cancellazione della notizia scattano soltanto nei casi in cui nel giudizio di bilanciamento tra il diritto all’identità personale e il diritto della collettività a conoscere determinati avvenimenti prevalga il primo. Ad incidere sul giudizio di prevalenza ci sono alcuni elementi, dettati dall’articolo 29 del Data protection working party del 26 novembre 2014, e valutati sempre più spesso dai Tribunali italiani. Tra questi, ad esempio, contano il ruolo pubblico rivestito dall’interessato e in generale le proprie funzioni lavorative o sociali, che potrebbe allungare i tempi di permanenza di una notizia on line e la gravità del fatto, in grado di fare assumere all’argomento trattato un valore storico e quindi meritevole di essere ancora visibile online.
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