Intelligenza artificiale per predire i parti pretermine: lo studio
di un gruppo internazionale di scienziati di diverse università
americane ed europee, con la partecipazione dell’Università degli
Studi di Bari Aldo Moro come unico gruppo italiano, ha affrontato
questa sfida analizzando enormi insiemi di dati armonizzati
provenienti da diversi studi sul microbioma, tutti focalizzati sulla
stessa domanda: la composizione del microbioma è correlata alla
nascita pretermine?Grazie al lavoro di questo gruppo di lavoro, gli
scienziati possono ora rispondere definitivamente di sì.
Il nostro corpo pullula di una vasta gamma di batteri, che
costituiscono il microbioma, il quale ha un legame un po’ misterioso
con la nostra salute generale. Negli ultimi decenni, gli scienziati
hanno cercato di spiegare come le diverse popolazioni di specie
batteriche possano influenzare o riflettano lo stato di buona salute
o di malattia, ma questi studi sono spesso stati limitati dalla
scarsa riproducibilità.
La strategia dominante per gli studi sul microbioma è quella di
studiare un gene del DNA batterico all’interno di un campione,
chiamato 16S, presente in tutti i batteri. Questo gene ha delle aree
che funzionano come un codice a barre e permettono di risalire ai
microbi presenti in ogni campione. Attraverso l’utilizzo dei dati
sul microbioma provenienti dalla rete March of Dimes – la principale
organizzazione no-profit americana che lavora per migliorare i
risultati sulla salute materna e infantile – e altri database
pubblici, è stata avviata un’iniziativa internazionale di crowd
sourcing. L’obiettivo era addestrare modelli basati
sull’intelligenza artificiale e testarli attraverso il confronto
in cieco tra le soluzioni sviluppate da gruppi di ricerca
indipendenti a livello mondiale.
Il gruppo di fisici e microbiologi baresi, Roberto Bellotti, Maria
De Angelis, Pierfrancesco Novielli, Donato Romano, Ester Pantaleo,
Mirco Vacca, Alfonso Monaco e Nicola Amoroso, coordinati da Sabina
Tangaro, ha sviluppato uno dei modelli più performanti della
competizione per la predizione del parto pretermine.
Prima di questa ricerca, non avevamo modo di prevedere la nascita
pretermine sulla base del microbioma di una donna e non avevamo
prove scientifiche decisive che il microbioma fosse effettivamente
un predittore del rischio di nascita pretermine Oggi, possediamo una
chiara comprensione che il microbioma gioca un ruolo fondamentale
nel rischio di parti pretermine, fornendoci un mezzo affidabile per
valutare tale rischio e intervenire precocemente per prevenire esiti
avversi.
“Questo è solo l’inizio del nostro percorso – ha dichiarato la
prof.ssa Tangaro – progettiamo di rendere i modelli più robusti,
versatili, e soprattutto spiegabili, al fine di ottenere un impatto
significativo nel minor tempo possibile. Con un numero crescente di
studi che riconoscono il microbioma come strumento predittivo, ora
superate le sfide tecniche nella creazione di modelli predittivi, si
prevede che tale approccio possa essere applicato a condizioni come
la nascita pretermine, non solo come causa, ma anche in risposta ai
cambiamenti nell’ospite, la madre. Questo riflesso della nostra
salute, del nostro patrimonio genetico e delle nostre esposizioni
ambientali, offre un’importante fonte di informazioni sulla nostra
condizione.
Come prossimo passo, auspichiamo che questa tecnologia esca dallo
spazio della ricerca e trovi applicazione clinica attraverso studi
clinici prospettici coinvolgendo donne in gravidanza e i loro
medici. Inoltre, intendiamo testare questo approccio su altre
condizioni, come lo studio delle malattie reumatologiche rare, del
cancro e dell’autismo, ambiti su cui il nostro gruppo di lavoro
presso l’Università di Bari è attualmente concentrato”.
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