L’autonomia differenziata, prevista dall’art. 116 della Costituzione, è un principio che, se ben applicato ed eseguito, può arrecare vantaggio all’intero Paese; viceversa, se per applicare questo principio, si seguono percorsi non percepibili in maniera trasparente da parte dell’opinione pubblica, il sospetto dell’errore (o di qualche altro intento) viene ed è necessario un approfondimento.
La maggioranza in Parlamento ha deciso di concedere una delega al Governo per risolvere il problema dell’autonomia differenziata.
In questo modo il problema è diventato politico, perché il Governo vuole appropriarsi di un problema che è costituzionale, cioè che interessa anche le opposizioni e che non può essere di esclusiva competenza del Governo (tramite delega).
L’errore di fondo, quindi, è aver attribuito al Governo la delega per approvare le leggi di intesa con le regioni interessate.
Oltre i difetti palesemente emergenti dalla strutturazione della delega e dallo squilibrio riguardante la distribuzione dei fondi, la perequazione per il Sud, il monitoraggio limitato alla regione beneficiata, ignorando l’equilibrio ed il bilancio di tutte le altre regioni e ignorando gli effetti dell’autonomia differenziata sull’equilibrio economico e di bilancio collettivo in tutte le regioni, si aggiunge un profilo riguardante il sistema delle fonti ed in particolare la gerarchia e cioè, la distribuzione del potere di decidere le norme più giuste.
Com’è noto, sin dagli anni ’60, una dottrina di costituzionalisti risalente a tutte le scuole giuridiche delle principali Università italiane (Sica, Loiodice, Spagna Musso, Barile, Crisafulli) segnalò una particolare sistemazione delle fonti sotto il profilo della gerarchia; vale a dire che non tutte le leggi sono eguali, nella loro procedura e nei loro effetti, e ve ne sono alcune che sono più forti e resistenti delle altreed il Governo non ha la competenza per approvarle opoterle modificare; solo il Parlamento può farlo, a certe condizioni.
Queste ultime leggi, sono dette leggi rinforzate; non possono essere delegate al Governo, perché vengono a violare l’attribuzione al Parlamento dell’esame ed approvazione di tutte quelle leggi, da quella costituzionale a quelle para costituzionali, come le leggi rinforzate.
Per chiarire, si può ricordare che vi sono alcune leggi le quali, naturalmente, non possono appartenere alla decretazione legislativa del Governo, per il semplice fatto che coinvolgono una pluralità di interessi che vanno al di là della contrapposizione tra maggioranza ed opposizione;perché interessano l’intero Stato, ovvero le singole autonomie, le confessioni religiose, la Chiesa cattolica, i rapporti internazionali, le divisioni dei territori regionali e comunali; quindi, rispetto a queste particolari materie, non si può immaginare che il Governo approvi una legge di bilancio, né che approvi la legge d’intesa con le confessioni cattoliche, né tanto meno che approvi un trattato internazionale, né che approvi un concordato con la Santa Sede, né tanto meno la modifica delle circoscrizioni regionali e comunali; sono tutte leggi che avendo un procedimento speciale nella loro formazione, ed avendo la partecipazione di altri soggetti, non possono sfuggire alla competenza del Parlamento.
Ugualmente avviene per le leggi di intesa con le Regioni.
Questa teoria si collega anche a quella prevista dalla Costituzione riguardante la riserva di legge assoluta; vi sono, infatti, alcuni casi nei quali l’attribuzione della legge al Parlamento è assoluta e non può essere delegata al Governo.
Nel caso di specie, l’articolo 116 della Costituzione preso in esame, stabilisce leggi d’intesa.
Le leggi di intesa non sono approvabili con decreto delegato del Governo e, quindi, spettano al Parlamento; diversamente, si verrebbero ad avere due effetti incostituzionali: il primo che la gerarchia delle fonti, prevista dalla Costituzione, non viene rispettata e, il secondo, che il Parlamento viene escluso nonostante si tratti, per questo tipo di leggi, di materie di esclusiva competenza del Parlamento.
Vi è, quindi, uno stravolgimento nel rapporto tra i poteri dello Stato.
Qualora si opponga a tale opinione, che per le leggi di intesa trattasi di questioni tecniche, comunque, la gerarchia delle fonti non può essere stravolta ed i principi costituzionali devono essere necessariamente applicati; la ragione tecnica, tante volte, ha sottratto al Parlamento parecchie decisioni e ciò potrebbe avvenire anche per l’autonomia differenziata, invocando, per esempio, i livelli essenziali delle prestazioni, tale argomento però non consente di modificare la gerarchia delle fonti e la loro strutturazione costituzionalmente vincolante, perché i LEA possono anche essere accertati con istruttoria ed identificazione da parte del Governo, ma devono passare, poi, per il vaglio del Parlamento, trattandosi, peraltro, di prestazioni amministrative e tecniche essenziali collegate ai diritti costituzionalmente rilevanti.
Rispetto a questi diritti, l’unico soggetto competente a intervenire è certamente il Parlamento e non il Governo, il quale è caratterizzato (al suo interno) dalla mancanza di qualsiasi opposizione politica; ciò non permette al Governodi avere un potere di sovraordinazione o sostituzione, come avviene rispetto alle leggi normali, che siano oggetto di delega al potere esecutivo.
Questa legge sull’autonomia differenziata va, quindi, modificata, altrimenti la sua sorte è incerta.
Aldo Loiodice
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Autonomia differenziata
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