CSV SAN NICOLA – “Un’altra edizione? Perché no, mi farebbe piacere, la formazione ti migliora, e poi la risposta più convincente l’abbiamo avuta proprio dai ragazzi”. Il percorso laboratoriale “Nessuno Nasce imparato” del Centro di Servizio al Volontariato San Nicola OdV si avvia alla conclusione, ma già viene chiesto il bis.
A dirlo è Fonte Esposito, vicepresidente dell’associazione Smile’s friend, una delle corsiste che ha partecipato alle attività rivolte agli ETS con l’obiettivo di realizzare attività efficaci nelle scuole attraverso l’educazione non formale.
Partito nel mese di maggio, il percorso laboratoriale ha raggiunto il suo obiettivo: insegnare alle associazioni delle tecniche pratiche, ma pur sempre costruite su emotività ed empatia, per agganciare la platea dei più giovani, bambini o ragazzi, e costruire insieme una relazione sana e attenta.
“Abbiamo svolto esercizi pratici, che ci hanno fatto vedere come attirare l’attenzione dei ragazzi, come focalizzarci su di loro: io personalmente ne ho tratto grande beneficio” ha aggiunto Fonte Esposito. Ma non è la sola.
“Io l’ho trovata una progettazione intelligente, ho imparato delle tecniche sul coinvolgimento degli alunni distratti – aggiunge Margaret Persichella, associazione Per Loro Disabili – e poi ho assimilato i consigli per memorizzare i nomi dei bambini, sembra un’inezia ma non è così. Anche perché i più piccoli tengono molto a questo aspetto. Conoscere il loro nome vuol dire riconoscerli”.
Ma c’è anche chi va oltre la singola lezione. “Ho trovato molto interessanti le attività rompighiaccio – argomenta Rosa Maggio, collaboratrice dell’associazione Agedo Puglia – e posso dire che sono molto efficaci anche con gli adulti. E poi c’è un aspetto che è bene sottolineare, ed è che ogni lavoro è utile per sé stessi, perché questi laboratori ti costringono a metterti in discussione; quindi, ti trasformano se sai metterti in gioco”.
L’apprendimento non formale, inteso come un’evoluzione del gruppo, alla base dei laboratori pensati dal CSV San Nicola, funziona quando si riesce a mettere la “relazione” al centro del processo educativo utilizzando come strumento di cambiamento attività pratiche, emotive e sensoriali, al posto della lezione frontale.
Angela Ferulli – Aps La Chiave – fa un esempio. “Io ho trovato molto interessante una variante dei giochi Rompighiaccio. Abbiamo appeso al muro il nostro aspetto meteorologico emotivo del momento, ed è stato bello notare come, strada facendo, sia cambiato. Lo farò anche io nelle scuole, sono sicura che sarà apprezzato dai ragazzi”.
Ma cosa accade se un’associazione impara ad usare delle tecniche di storytelling per penetrare nel vissuto dei più giovani? “Accade che le storie aprono mondi”. A dirlo è la formatrice Roberta Franceschetti che ha tenuto una lezione sul come raccontarsi.
“Non tutti sappiamo dare in pasto noi stessi – dice – a volte quindi si può raccontare la propria associazione utilizzando altri protagonisti che narrano, ad esempio, come si sono avvicinati a quella determinata realtà.
Ciò che resta importante però, è che le storie delle associazioni, che spesso sono storie personali, si calino nella vita vissuta, che non parlino di valori astratti perché questi non passano al pubblico né tantomeno ai ragazzi. Le storie vere permettono l’identificazione, e questo è molto sentito quando si parla di temi legati al sociale e al volontariato”.
La formatrice ha trovato una platea interessata e attenta, e disposta a scommettere in un nuovo modo di relazionarsi. “Per un’organizzazione raccontarsi è un’azione difficile perché a volte loro non sanno chi sono – conclude –. Ecco perché come prima cosa ho chiesto loro, ai singoli partecipanti, di fare un racconto di sé. E questa è una modalità che può essere applicata in altre iniziative.
Saper raccontare la propria associazione è importantissimo perché così è più facile arrivare ai pubblici di loro interesse, compresi i donatori”.
Ilikepuglia. Buone Notizie dalla Puglia. Magazine di informazione regionale
“Un’altra edizione? Perché no, mi farebbe piacere, la formazione ti migliora, e poi la risposta più convincente l’abbiamo avuta proprio dai ragazzi”. Il percorso laboratoriale “Nessuno Nasce imparato” del Centro di Servizio al Volontariato San Nicola OdV si avvia alla conclusione, ma già viene chiesto il bis.
A dirlo è Fonte Esposito, vicepresidente dell’associazione Smile’s friend, una delle corsiste che ha partecipato alle attività rivolte agli ETS con l’obiettivo di realizzare attività efficaci nelle scuole attraverso l’educazione non formale.
Partito nel mese di maggio, il percorso laboratoriale ha raggiunto il suo obiettivo: insegnare alle associazioni delle tecniche pratiche, ma pur sempre costruite su emotività ed empatia, per agganciare la platea dei più giovani, bambini o ragazzi, e costruire insieme una relazione sana e attenta.
CSV San Nicola, a Bari le associazioni si “formano” per parlare con i più giovani
“Abbiamo svolto esercizi pratici, che ci hanno fatto vedere come attirare l’attenzione dei ragazzi, come focalizzarci su di loro: io personalmente ne ho tratto grande beneficio” ha aggiunto Fonte Esposito. Ma non è la sola.
“Io l’ho trovata una progettazione intelligente, ho imparato delle tecniche sul coinvolgimento degli alunni distratti – aggiunge Margaret Persichella, associazione Per Loro Disabili – e poi ho assimilato i consigli per memorizzare i nomi dei bambini, sembra un’inezia ma non è così. Anche perché i più piccoli tengono molto a questo aspetto. Conoscere il loro nome vuol dire riconoscerli”.
Ma c’è anche chi va oltre la singola lezione. “Ho trovato molto interessanti le attività rompighiaccio – argomenta Rosa Maggio, collaboratrice dell’associazione Agedo Puglia – e posso dire che sono molto efficaci anche con gli adulti. E poi c’è un aspetto che è bene sottolineare, ed è che ogni lavoro è utile per sé stessi, perché questi laboratori ti costringono a metterti in discussione; quindi, ti trasformano se sai metterti in gioco”.
L’apprendimento non formale, inteso come un’evoluzione del gruppo, alla base dei laboratori pensati dal CSV San Nicola, funziona quando si riesce a mettere la “relazione” al centro del processo educativo utilizzando come strumento di cambiamento attività pratiche, emotive e sensoriali, al posto della lezione frontale.
Angela Ferulli – Aps La Chiave – fa un esempio. “Io ho trovato molto interessante una variante dei giochi Rompighiaccio. Abbiamo appeso al muro il nostro aspetto meteorologico emotivo del momento, ed è stato bello notare come, strada facendo, sia cambiato. Lo farò anche io nelle scuole, sono sicura che sarà apprezzato dai ragazzi”.
Ma cosa accade se un’associazione impara ad usare delle tecniche di storytelling per penetrare nel vissuto dei più giovani? “Accade che le storie aprono mondi”. A dirlo è la formatrice Roberta Franceschetti che ha tenuto una lezione sul come raccontarsi.
“Non tutti sappiamo dare in pasto noi stessi – dice – a volte quindi si può raccontare la propria associazione utilizzando altri protagonisti che narrano, ad esempio, come si sono avvicinati a quella determinata realtà.
Ciò che resta importante però, è che le storie delle associazioni, che spesso sono storie personali, si calino nella vita vissuta, che non parlino di valori astratti perché questi non passano al pubblico né tantomeno ai ragazzi. Le storie vere permettono l’identificazione, e questo è molto sentito quando si parla di temi legati al sociale e al volontariato”.
La formatrice ha trovato una platea interessata e attenta, e disposta a scommettere in un nuovo modo di relazionarsi. “Per un’organizzazione raccontarsi è un’azione difficile perché a volte loro non sanno chi sono – conclude –. Ecco perché come prima cosa ho chiesto loro, ai singoli partecipanti, di fare un racconto di sé. E questa è una modalità che può essere applicata in altre iniziative.
Saper raccontare la propria associazione è importantissimo perché così è più facile arrivare ai pubblici di loro interesse, compresi i donatori”.
© Riproduzione riservata