Giovedì 16 marzo, si è tenuto a Conversano l’ultimo incontro di “Good Vibes On Stage”, il laboratorio di guida e formazione alla visione di spettacoli musicali dedicato ad Under 25 e persone con disabilità, prodotto dall’Associazione Node e promosso dal Teatro Pubblico Pugliese.
L’ultimo dei quattro appuntamenti in programma ha acceso i riflettori su uno dei più grandi cantautori italiani: Luigi Tenco. Lo spettacolo è stato preceduto dal laboratorio formativo, svoltosi a Casa Delle Arti, incentrato sulla biografia del cantautore. Attraverso l’ascolto dei brani e l’analisi dei testi, è emersa una grande attenzione alla parola, in una dicotomia che vede fondere il suo tormento biografico ai dolci ritmi del jazz. Sono proprio questi gli anni in cui nasce il trentatré giri, nasce il bikini e nasce il personaggio Luigi Tenco.
Conoscere gradatamente le tappe della vita di Tenco, ha accompagnato i partecipanti al laboratorio guidato da Luce Montrone, Roberta Ruggiero ed Elvis Ceglie, verso una chiave di lettura nuova delle canzoni, che porta con sé un senso di amara sofferenza.
La scrittura di Tenco si fa sociale, in Cara Maestra si fanno i conti con le disuguaglianze. Il cantautore si trova di fronte tutte quelle convinzioni che aveva da bambino e le scardina, suscitando sconcerto tra il pubblico all’ascolto del brano.
Ed è proprio questo uno dei punti più nevralgici della sua grande personalità: nei suoi testi ci offre una visione anticonformista, spesso bloccata dalla censura. Tenco è un personaggio scomodo, tratta il tema dell’amore e quello delle donne in un modo cinico, fino a quel momento inedito per la musica italiana, andando a demolire tutti gli stereotipi e le tendenze musicali del tempo. Sono gli anni di fermento giovanile, gli anni in cui per Morandi l’amore era farsi mandare dalla mamma a prendere il latte mentre per Tenco ci si innamorava perché non si aveva di meglio da fare.
Il laboratorio ha portato, quindi, a una riflessione peculiare sulla scrittura di Tenco, legando alla sua breve carriera quelli che oggi possiamo considerare successi a tempo indeterminato.
In seguito, lo spettacolo “Mi chiamo Luigi” – vita e musica di Luigi Tenco, un racconto di Giorgio Vignali e Vito Schirone, ha riempito l’intera sala del Cinema Teatro Norba.
Lo spettacolo alterna monologhi, dialoghi e musiche che hanno fatto da cornice alla narrazione biografica di Tenco. Emerge, in particolare, il rapporto con De André e l’amore per Dalida. Attraverso il basso e la chitarra, lo spettatore si proietta in una vita che scorre tormentata, alternata da una voce fuori campo e dalle musiche, suonate dal vivo, accompagnate dalla performance di due giovani ballerini. Anche se lo stile è malinconico, emerge l’anima trasgressiva e unica di Tenco.
Centrale nello spettacolo è l’esperienza del Festival di Sanremo per Tenco. Egli stesso più volte rifiuta di parteciparvi, fino a quando non comprende che, per quanto veda quel palco come poco edificante, la sua arte ne ha bisogno per raggiungere il grande pubblico. Con Ciao Amore Ciao, Tenco pensa di vincere.
Sanremo è una macchina, quella del marketing, che vede Tenco e Dalida come una coppia appetibile per il grande pubblico, perché unisce i fascinanti mondi di Francia e Italia. Sanremo però, purtroppo, è una macchina che, una volta messa in moto, è molto difficile da arrestare.
Per quanto le ipotesi siano ancora molte circa la triste fine dell’artista, lo spettacolo si conclude e il sipario cala. Durante lo show, i versi di Tenco hanno strappato un sorriso al pubblico, lo hanno fatto cantare. Perché la grandezza di Tenco sta in questo: nell’essere stato in grado di far cantare ancora, a più di 50 anni dalla sua scomparsa, le sue canzoni.
E poco importa sapere come sia morto ma è fondamentale sapere come ha vissuto.
Perché Tenco per qualcuno è stato un uomo tormentato, per qualcun altro un personaggio scomodo, ma senza dubbio, resta un artista indimenticabile per ognuno di noi.
© Riproduzione riservata