SPRECARE CIBO…
Lo spreco alimentare rappresenta uno dei più grandi paradossi della società moderna: ogni giorno tonnellate di cibo ancora commestibile e utilizzabile, per la cui produzione sono state investite risorse, energia e denaro, vengono gettate, mentre milioni di persone nel mondo soffrono la fame o la malnutrizione.
Il paradosso diventa ancora più grande se si considera che basterebbe solo 1/4 di quel cibo buttato per sfamare i milioni di persone che ne hanno bisogno.
A tutto ciò si aggiunge il problema del continuo aumento della popolazione, per cui si prevede la necessità nei prossimi anni di aumentare la produzione alimentare del 60-70%.
Gettare del cibo ancora commestibile non significa solo sprecare l’alimento in sé, ma significa sprecare anche tutte le risorse che sono state investite per la sua produzione.
L’acqua che è servita per irrigare le coltivazioni o per i processi industriali, l’energia che è stata impiegata per la produzione, il carburante per i macchinari e per il suo trasporto, il suolo che è stato utilizzato per i campi o per gli impianti produttivi.
Oltretutto, il cibo sprecato diventa, da bene prezioso e fondamentale, un vero e proprio rifiuto per il quale dovrà essere impiegata altra energia per smaltirlo.
Buttare un alimento ancora commestibile si traduce quindi in un triplice spreco, in quanto vanno perse: l’energia in esso contenuta, tutte le risorse (anche economiche) che sono state utilizzate per produrlo e tutte quelle che dobbiamo impiegare per smaltirlo una volta che è diventato un rifiuto.
Lo spreco alimentare ha anche importanti conseguenze sul piano ambientale, impattando prima di tutto sulle emissioni di gas serra che incidono sul cambiamento climatico globale, generate lungo tutto il percorso della filiera alimentare e soprattutto nella fase di smaltimento dei rifiuti.
Bisogna inoltre considerare che per la produzione di cibo viene utilizzata una grande quantità di acqua la cui qualità può essere compromessa per l’uso di fertilizzanti e pesticidi.
Viene “consumato” anche molto suolo, soprattutto nel caso di allevamenti o coltivazioni intensivi ed estensivi, portando a possibili conseguenze come l’impoverimento del terreno, la desertificazione e la perdita di biodiversità.
Per tutte queste problematiche molti paesi negli ultimi anni hanno iniziato ad agire per contrastare lo spreco alimentare e le Nazioni Unite, tra gli altri obiettivi di sostenibilità dell’Agenda 2030, puntano a dimezzare la quantità di cibo sprecato entro il 2030.
In quest’ottica, alcuni paesi hanno già adottato normative per contrastare il problema, come la Francia, che nel 2016 ha promulgato una legge che obbliga le grandi catene alimentari a destinare il cibo prossimo alla scadenza a enti di beneficienza oppure destinarlo alla trasformazione in cibo per animali o in compost.
In Italia, sempre dal 2016, è in vigore la legge Gadda, che fornisce agevolazioni per chi dona cibo alle organizzazioni caritatevoli.
Queste nuove normative puntano anche ad aumentare la consapevolezza da parte dei cittadini sulla tematica dello spreco alimentare e sulle problematiche ad essa correlate.
Ogni piccola azione infatti, dalla scelta dei prodotti che compriamo, all’attenzione alle date di scadenza e agli imballaggi, può essere importante per la lotta allo spreco, per una migliore sostenibilità ambientale e per garantire la sicurezza alimentare a tutte le persone del pianeta
Lo spreco alimentare rappresenta uno dei più grandi paradossi della società moderna: ogni giorno tonnellate di cibo ancora commestibile e utilizzabile, per la cui produzione sono state investite risorse, energia e denaro, vengono gettate, mentre milioni di persone nel mondo soffrono la fame o la malnutrizione.
Il paradosso diventa ancora più grande se si considera che basterebbe solo 1/4 di quel cibo buttato per sfamare i milioni di persone che ne hanno bisogno.
A tutto ciò si aggiunge il problema del continuo aumento della popolazione, per cui si prevede la necessità nei prossimi anni di aumentare la produzione alimentare del 60-70%.
Gettare del cibo ancora commestibile non significa solo sprecare l’alimento in sé, ma significa sprecare anche tutte le risorse che sono state investite per la sua produzione.
L’acqua che è servita per irrigare le coltivazioni o per i processi industriali, l’energia che è stata impiegata per la produzione, il carburante per i macchinari e per il suo trasporto, il suolo che è stato utilizzato per i campi o per gli impianti produttivi.
Oltretutto, il cibo sprecato diventa, da bene prezioso e fondamentale, un vero e proprio rifiuto per il quale dovrà essere impiegata altra energia per smaltirlo.
Buttare un alimento ancora commestibile si traduce quindi in un triplice spreco, in quanto vanno perse: l’energia in esso contenuta, tutte le risorse (anche economiche) che sono state utilizzate per produrlo e tutte quelle che dobbiamo impiegare per smaltirlo una volta che è diventato un rifiuto.
Lo spreco alimentare ha anche importanti conseguenze sul piano ambientale, impattando prima di tutto sulle emissioni di gas serra che incidono sul cambiamento climatico globale, generate lungo tutto il percorso della filiera alimentare e soprattutto nella fase di smaltimento dei rifiuti.
Bisogna inoltre considerare che per la produzione di cibo viene utilizzata una grande quantità di acqua la cui qualità può essere compromessa per l’uso di fertilizzanti e pesticidi.
Viene “consumato” anche molto suolo, soprattutto nel caso di allevamenti o coltivazioni intensivi ed estensivi, portando a possibili conseguenze come l’impoverimento del terreno, la desertificazione e la perdita di biodiversità.
Per tutte queste problematiche molti paesi negli ultimi anni hanno iniziato ad agire per contrastare lo spreco alimentare e le Nazioni Unite, tra gli altri obiettivi di sostenibilità dell’Agenda 2030, puntano a dimezzare la quantità di cibo sprecato entro il 2030.
In quest’ottica, alcuni paesi hanno già adottato normative per contrastare il problema, come la Francia, che nel 2016 ha promulgato una legge che obbliga le grandi catene alimentari a destinare il cibo prossimo alla scadenza a enti di beneficienza oppure destinarlo alla trasformazione in cibo per animali o in compost.
In Italia, sempre dal 2016, è in vigore la legge Gadda, che fornisce agevolazioni per chi dona cibo alle organizzazioni caritatevoli.
Queste nuove normative puntano anche ad aumentare la consapevolezza da parte dei cittadini sulla tematica dello spreco alimentare e sulle problematiche ad essa correlate.
Ogni piccola azione infatti, dalla scelta dei prodotti che compriamo, all’attenzione alle date di scadenza e agli imballaggi, può essere importante per la lotta allo spreco, per una migliore sostenibilità ambientale e per garantire la sicurezza alimentare a tutte le persone del pianeta
https://www.regione.puglia.it/
Sprecare cibo? Fa tre volte male a noi ed alla Terra che ci ospita
Regione Puglia dipartimento welfare
L’acqua che è servita per irrigare le coltivazioni o per i processi industriali, l’energia che è stata impiegata per la produzione, il carburante per i macchinari e per il suo trasporto, il suolo che è stato utilizzato per i campi o per gli impianti produttivi.
Oltretutto, il cibo sprecato diventa, da bene prezioso e fondamentale, un vero e proprio rifiuto per il quale dovrà essere impiegata altra energia per smaltirlo.
Buttare un alimento ancora commestibile si traduce quindi in un triplice spreco, in quanto vanno perse: l’energia in esso contenuta, tutte le risorse (anche economiche) che sono state utilizzate per produrlo e tutte quelle che dobbiamo impiegare per smaltirlo una volta che è diventato un rifiuto.
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