20 Aprile 2024 - Ore
Politica

Beppe Lopez intervistato da Stornaiolo (dialogo 28)

NON HA PERSO IL POPOLO PROGRESSISTA, MA IL CETO DIRIGENTE DEI PARTITI “DE SINISTRA”

Maestro e adesso che succede? “Meloni si prende l’Italia”, come si leggeva su Repubblica a caratteri cubitali, in prima pagina, già il giorno dopo delle elezioni? 

Nel mio piccolo, ho risposto d’impeto a quel titolo del mio ex-giornale -assai sbrigativo, fuorviante e riproducente schemi che hanno contribuito alle artificiose divisioni e al rissoso imbarbarimento di questo Paese- con un brevissimo post su Facebook: “No, vincendo una elezione non “si prende” un Paese. Tanto meno col 25% del 64% degli elettori”. E nemmeno col 44% dell’intera destra-centro. Non si tratta di una questione marginale o capziosa. Il governo di destra-centro non è ancora stato formato, Meloni non ha avuto ancora l’incarico, non si sono nemmeno insediate le nuove Camere, e già si dibatte e ci si interroga nel mondo su questa Italia post-fascistizzata. Mi pare una follia. È tutto schematizzato, banalizzato e ridotto a slogan. La realtà, come sarà, è e sarà un po’ più complessa e articolata di come già la si descrive. Si parla molto di volatilità del consenso, di precarietà degli equilibri e dei rapporti di forza politici, eppure non si vede l’ora, quasi ogni giorno, di storicizzare anche un leggero battito di vento o una battuta idiota di Salvini. Figuriamoci quando una giovane donna di origine neo-fascista vince le elezioni, peraltro in base a una legge elettorale cavillosa e ingannatrice e a una complessiva offerta politica che non riesce a portare nelle sezioni elettorali più di due italiani su tre.

 

Stai parlando di una rappresentazione politica dell’Italia forzata del tipo di quella che circolava ai tempi del ventennio berlusconiano?

Anche allora ricordo che non smettevo di scrivere che si trattava di un grande equivoco. Gli italiani invece – checché ne dicessero e scrivessero o rappresentassero in Tv (e ne dicevano, ne scrivevano e li rappresentavano, anzi li falsificavano!) – non erano e non sono mai stati “berlusconizzati”. Più semplicemente, per quei due decenni, sono rimasti “annichiliti dall’inesistenza di una decente offerta politica alternativa, da meccanismi elettorali “porcata” e da una raffigurazione mediatica della realtà ad uso e consumo di lor signori”… Sono un disastro con date e numeri, quindi leggo (INDECENTI! Dizionario degli orrori della vita pubblica in Italia, di Beppe Lopez, Stampa Alternativa, 2013): “Nonostante questo, nonostante gli errori e le responsabilità dei suoi avversari, e nonostante un’abilità e una potenza di fuoco mediatica unica al mondo, sino al 2006 Berlusconi, con Forza Italia, non è andato oltre il 30% dei voti validi; nel 2008, al Pdl di Berlusconi e An sono andati il 37,4% dei voti validi, vale a dire il 35,9% dei votanti e cioè il 28,9% degli aventi diritto; alle elezioni europee del 2009, con il sistema proporzionale e le preferenze personali, il Pdl ha ottenuto il 35,3% dei voti validi, il 33% dei votanti e appena il 21,9% degli aventi diritto. Il più devastante degli equivoci ingenerati nel corso della cosiddetta “Seconda Repubblica” è quello che ha portato a confondere e a sovrapporre la realtà del Paese (sociale, economica e culturale) con la rappresentazione che ne fanno politici, giornali e televisione”.

 

La tua tesi è che, in un ventennio, Berlusconi non riuscì a berlusconizzare gli italiani e che, a maggior ragione, sbaglia chi afferma che “Meloni si prende l’Italia”. Però, anche rispetto ad allora, si può dire che il centro-destra (o destra-centro) ha oggettivamente surclassato il centro-sinistra. Diciamo circa il 44% contro il circa 25%. Quindi appare ragionevole che si parli di un’Italia, se non “melonizzata”, radicalmente di destra rispetto ad una perdente sinistra disorientata, divisa e rissosa. O no?

Anche a questo proposito, qualcosa la voglio dire. In questi giorni, in queste ore la rappresentazione dell’Italia, del popolo italiano è questa: al 44% conservatore, se non reazionario e sovranista, e al 25% “democratico” e “de sinistra”.

 

A te non sembra così?

Mi permetto di affermare che questo non descrive propriamente lo stato politico del “popolo italiano” ma, più esattamente – a parte le conseguenze devastanti della legge elettorale, che non ti consente nemmeno di scegliere un candidato fra quelli imposti o “paracadutati” dalle segreterie nazionali e dai proprietari dei partiti…

 

Ti interrompo. Mi pare significativo a questo proposito il tuo post di giovedì 29: “OGGI MARIANNA MADIA, IERI VLADIMIR LUXURIA. Nella cabina elettorale c’è chi si è trovato davanti a una costrizione: se voti Pd, voti automaticamente per Marianna Madia. Così come capitò a Sandro Curzi ai tempi di Bertinotti: se voti Rifondazione, voti automaticamente per Vladimir Luxuria. Non so cosa in quella occasione abbia alla fine votato Sandro e non vi dico – ma è intuibile – cosa abbia fatto io. Questo forse aiuta a capire perché Bertinotti e Rifondazione siano scomparsi, e perché il Pd sia sceso così in basso”… 

Dicevo: a parte quelle conseguenze delle norme elettorali vigenti, che concorrono pesantemente a falsare la fisionomia politica degli italiani, quel 44% contrapposto a quel 25% sono figli anche e soprattutto delle scelte più o meno azzeccate, delle tattiche più o meno sbagliate e degli errori del ceto dirigente dei partiti.

 

Quindi?

Se io ti dicessi che – nonostante tutto – i progressisti questa volta hanno battuto i reazionari?

 

In che senso?

Non far finta di non capire. Sto dicendo che gli italiani – nonostante le divisioni, la rissosità, la boria e le disarticolate propagande dei partiti di riferimento – hanno dato il 48/49% dei voti al fronte che potremmo definire progressista (Centrosinistra, M5S e Azione) e il 44% al fronte reazionario/conservatore (FdI-Lega-FI-Moderati).

 

Stai forse dicendo che Letta, Conte e Calenda-Renzi dovrebbero mettersi d’accordo e chiedere a Mattarella di dare il mandato di presiedere il governo a un personaggio da loro indicato?

Non sto dicendo questo, anche se…

Anche se?

Niente, niente. Non sto dicendo questo… E non posso dirlo perché il Rosatellum, prevede una traduzione in seggi parlamentari dei voti degli italiani non solo non proporzionata ma molto, molto falsificata. Per esempio, alla Camera la Lega, pur avendo ottenuto la metà dei voti del Pd, ha lo stesso numero di seggi del Pd; il M5S, pur avendo preso quasi il doppio dei voti di Forza Italia, ha più o meno lo stesso numero di deputati dei berlusconiani; Azione-Italia Viva, pur avendo preso alla Camera gli stessi voti di Forza Italia, potrà contare solo su 21 deputati, rispetto ai 45 di Forza Italia?

 

Lo so, lo so, continua…

Il risultato è che, mentre i voti dicono che i progressisti hanno preso più voti dei conservatori-reazionari, le divisioni nel campo dei primi e le bizzarre norme del Rosatellum regalano la maggioranza parlamentare (e governativa) ai secondi. E qui interviene il sistema mediatico a spacciare la vittoria dei dirigenti di partito di destra-centro su quelli di centro-sinistra per accertata superiorità numerica degli italiani conservatori su quelli progressisti. Inviterei a distinguere i due piani: i voti direttamente espressi dagli italiani (non dimenticando i numerosi astenuti) e i seggi capoticamente attribuiti ai singoli partiti in base alle scompigliate e squilibrate norme del Rosatellum… Insomma, gli italiani non sono in maggioranza meloniani o reazionari o conservatori. Non dico che sono in maggioranza “de sinistra” o convinti riformisti. Ma progressisti, sì. Non lo dico io, lo dicono i risultati della pur pessima campagna elettorale condotta da Letta, Conte e Calenda-Renzi.

 

E che dovevano fare, mettersi insieme coloro che appoggiavano Draghi e colui che ha votato contro la fiducia a Draghi, convincendolo alle dimissioni?

Guarda che il centro-destra ha fatto di più e di peggio: per vincere, si sono messi insieme coloro che hanno sempre appoggiato e fatto parte del governo Draghi e colei che lo ha sempre avversato costituendo l’unica opposizione di legislatura.

 

Cosa ha distinto nell’occasione i due fronti?

Da una parte sono prevalsi il rigore, la tigna e la fessaggine; dall’altra il desiderio di rivalsa, l’utilitarismo e il cinismo. Da una parte l’antica, quasi sazia consuetudine di governo: dall’altra la voglia di battersi, di vincere e di prendere in mano le leve del potere.

 

 BEPPE LOPEZ, classe 1947, è nato a Bari, nel quartiere Libertà. Da giornalista, direttore di giornali e di agenzia e saggista, si è occupato per oltre mezzo secolo di politica interna, di giornali locali e di analisi e critica dell’informazione. Ha collaborato con le più importanti testate nazionali. Ha partecipato come cronista politico alla fondazione del quotidiano la Repubblica. Ha fondato e diretto quotidiani e riviste. Ha diretto la Quotidiani Associati. Ha pubblicato racconti storici e saggi sul giornalismo, ottenendo uno straordinario successo editoriale in particolare con La casta dei giornali (Stampa Alternativa 2007). Di notevole rilievo per la cultura e la musica popolare italiana la sua biografia di Matteo Salvatore, L’ultimo cantastorie (Aliberti 2018).

Ha esordito come narratore con Capatosta (Mondadori 2000), divenuto subito un importante caso letterario, proseguendo con Mascherata reale (Besa 2004), La scordanza (Marsilio 2008) e La Bestia! (Manni 2015). 

Sono appena arrivati in libreria il suo ultimo romanzo, Capibranco e la trilogia Quartiere Libertà, contenente i suoi tre romanzi ambientati in questo quartiere popolare di Bari (Capatosta, La scordanza e Capibranco), che raccontano, con un vivace “idioletto” conformato su italiano e materiale dialettale barese, un secolo di vita nazionale e un quartiere simbolico dell’intera umanità.

 

 

 

 

 

 

 

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