Qualcosa mi sfugge, ne sono certo. Siamo di nuovo di fronte al tormentone del “Ponte sullo stretto”. Un’opera folle, un progetto che non ha ragion d’essere. Mi chiedo come si possa pensare a qualcosa del genere. Non ho risposte a quello che per me resta un mistero. Il buon senso, però, mi suggerisce alcune domande: che senso ha spendere tutti quei soldi per realizzare un’opera mastodontica con soluzioni progettuali altamente innovative per collegare due sponde, l’una siciliana e l’altra calabrese, caratterizzate da una rete viaria tutt’altro che efficiente, sicura e funzionale? Ma non si potrebbe optare per un investimento finalizzato all’ammodernamento e al risanamento della rete viaria esistente, cercando anche di ridurre il traffico su gomma? Ma se l’idea di un ponte a più campate è stata definitivamente abbandonata per la profondità dei fondali dello stretto, quanto saranno grandi i due piloni di sostegno di un ponte a campata unica lungo tre chilometri? E l’impatto altamente negativo sul territorio e sull’ambiente? Ne avrei tante altre, ma mi impongo di tralasciare considerazioni di tipo politico, sociale ed economico e di focalizzare la mia attenzione sui problemi legati alla sicurezza.
Partiamo da un dato di fatto: la Sicilia nord-orientale e la Calabria meridionale ricadono in una zona che risulta essere quella a più alto rischio sismico in tutto il bacino del Mediterraneo. È di qualche giorno fa l’ultimo sciame sismico che ha colpito lo stretto, poco al largo dell’area a Sud di Reggio Calabria: magnitudo 2.3 a 9.6 km di profondità (dati INGV). Siamo, pertanto, in un’area storicamente vessata dai terremoti, dove si è verificato nel 1908 il più grande evento sismico mai stimato in Italia, di magnitudo 7.2 della scala Richter. Alla violenta scossa seguì anche una gigantesca frana sottomarina, dando origine ad un’onda di tsunami che rase al suolo gli abitati di Messina e di Reggio Calabria provocando circa 80000 vittime. Sia in precedenza sia successivamente a questo tragico evento, l’area dello stretto è stata più volte colpita da terremoti di intensità superiore al VII grado della scala Mercalli. Ma questo non è tutto. Ad oggi, la scienza non è concorde nell’analisi dei dati geologici e geofisici dell’area dello stretto. In termini congrui, come si fa a valutare la risposta di quello che sarebbe il ponte a campata unica più lungo del mondo se non siamo in grado di valutare con certezza a quale tipo di evento sismico potrebbe essere soggetto negli anni a venire?
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