In tempo di crisi economica che impoverisce il portafoglio ma inaridisce un po’ anche i cuori, affidare il welfare e la tutela dei cittadini soltanto all’etica, è un rischio. Per questo, ho letto con piacere che un’indagine dell’Osservatorio Socialis ha verificato che, nelle scelte di acquisto quasi sette italiani su dieci, tengono conto delle condotte delle imprese nei confronti dei lavoratori, dell’ambiente, dei consumatori. Considerano inoltre le iniziative di beneficenza e solidarietà svolte dalle aziende sul territorio. Questa ricerca conferma la rilevanza crescente della reputazione aziendale nelle scelte d’acquisto dei consumatori. Sono dati fondamentali per confermare la bontà del principio secondo cui: ciò che è etico è anche conveniente sotto il profilo economico. Se nei consumatori si rafforza l’idea che comprare un prodotto è un pò come votare, allora le imprese saranno incentivate tantissimo ad attuare politiche aziendali di rispetto delle persone e dei territori. Il boom di internet e dei Social media ha imposto un nuovo modello di comunicazione, in cui il consumatore può compiere le sue scelte informandosi prima di acquistare, ad esempio ascoltando il giudizio di altri utenti che hanno già provato il prodotto o il servizio che interessa. Oggi puoi bombardare di spot tv quanto vuoi, ma se su FB si legge che il giudizio su quel bene è negativo, venderai poco comunque.
Due recenti e ottimi esempi di applicazione di questi principi sono: 1) il marchio Equapulia che sarà concesso solo alle aziende che producono pomodori e prodotti agricoli rispettando un codice etico; in cambio avranno una forte riconoscibilità sul mercato che di certo darà loro un forte vantaggio competitivo presso i consumatori; 2) la legge regionale 10.03.2014 n.8 interamente dedicata a strumenti che incentivano le aziende ad adottare condotte di responsabilità sociale, a partire dal rispetto dei diritti dei lavoratori.
Alle associazioni dei consumatori il compito di far fruttare questi esempi positivi.
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