Con la sentenza del 25 agosto 2014, la Cassazione Civile ha sancito i princìpi da seguire quando si pubblica sul web una notizia che lede la reputazione altrui: la verità dei fatti, la continenza (forma civile dell’esposizione dei fatti), aggiornamento (cioé completezza “in divenire”) della notizia, divieto del mezzo espositivo dell’«allusione». “Quello che rileva”, scrive la Cassazione,” non è in sostanza il medium ma il contenuto informativo e le modalità con cui esso viene presentato al pubblico”.
Il caso prendeva le mosse da una questione che contrapponeva Codacons e Rti/Mediaset da un lato, e un dirigente dell’Istituto superiore della Sanità dall’altro. Strumento di commissione del reato – la diffamazione, appunto – un comunicato stampa dell’associazione dei consumatori (ripreso dalla Tv commerciale di “Striscia la notizia”) in cui si sovrapponevano due informazioni: il ruolo pubblico del professore, alle prese a quell’epoca con gli studi sull’inquinamento da elettrosmog, e il finanziamento erogato a un’associazione da lui presieduta da parte di una nota azienda produttrice di telefoni cellulari. I Giudici di merito già avevano sanzionato i convenuti (Codacons e Rti/Mediaset) segnalando alcune modalità omissive e allusive, a cominciare dai proscioglimenti penali e amministrativi sul punto ottenuti dal professore, mai più “agganciati” ai comunicati accusatori, ma finiti in un’altra sezione del sito internet.
“Se questi sono canoni ormai chiarissimi per la giurisprudenza della carta stampata e della televisione, non c’è alcun motivo per creare una zona franca nel luogo virtuale del web, considerato – come argomenta la Corte – che l’offensività del mezzo sotto il profilo della propagazione dell’illecito è potenzialmente anche molto più estensibile rispetto ai media tradizionali”. www.confconsumatoripuglia.it
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