La giunta della Regione Puglia ha approvato le Linee Guida regionali in materia di maltrattamento e violenza contro i minori alla vigilia della Giornata mondiale per l’eliminazione della violenza sulle donne. Le linee guida sono frutto di un lavoro di approfondimento scientifico e operativo durato diversi mesi e che ha visto la collaborazione concreta e fattiva, oltre che degli Uffici regionali, della Garante regionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, e del Gruppo GIADA (Gruppo Interdisciplinare Assistenza Donne e bambini Abusati)
A fondamento del documento regionale, è stata effettuata una ricerca che fa da base documentale per gli indirizzi operativi. Il monitoraggio ha intercettato un bacino di 513.032 minori, pari al 73% del totale complessivo della popolazione minorile residente in Puglia, e ha evidenziato come la dimensione del fenomeno del maltrattamento sui minorenni pugliesi non si discosti molto da quella rilevata in Italia, sia pure con qualche significativa differenza.
Prendendo in considerazione il dato dei minori maltrattati sul totale dei minori già in carico ai Servizi sociali, risulta una percentuale più alta per le femmine (23,9%) rispetto a quella dei maschi (19,25%). Emerge quindi che le bambine/adolescenti sono più esposte al rischio di maltrattamento/violenza, sia in Puglia che, più in generale, in Italia. L’esposizione al rischio di maltrattamento/violenza è più alta anche per i minori stranieri. Infatti la percentuale dei minori stranieri presi in carico per maltrattamento è pari al 36,38% del totale dei minori stranieri complessivamente in carico ai Servizi sociali, mentre i minori stranieri in carico rappresentano l’8,15% del totale.
La strettissima connessione che esiste tra violenza domestica intrafamiliare agita sulle donne e la violenza assistita da parte di figli emerge dai dati di monitoraggio sugli accessi delle donne ai centri antiviolenza nel 2015, con una percentuale del 65% di presenza di minorenni, di cui il 35% di sesso maschile. Una circostanza che aggrava le conseguenze del fenomeno sia in relazione al trauma che la violenza, diretta o indiretta, può causare, sia in relazione alla trasmissione intergenerazionale del comportamento violento. Le donne subiscono violenza nel contesto domestico e delle relazioni intime: fra gli autori delle violenza figurano prevalentemente il partner e l’ex partner, due tipologie di autori che rappresentano complessivamente l’82%; se aggiungiamo la percentuale cha fa riferimento all’area dei “parenti” (10%), abbiamo una percentuale del 92%; le donne più “esposte” alla violenza sono le coniugate (42%),seguono le donne nubili (24,6%) e le donne separate (22%). Le tipologie di violenza denunciate confermano l’ordine di prevalenza dell’anno precedente: violenza prevalente è quella fisica, seguita da quella psicologica, dallo stalking, dalla violenza sessuale; la violenza psicologica accompagna tutte le forme di violenza.
L’aumento percentuale delle donne nubili e delle donne di età compresa tra i 18-29 anni che si sono rivolte ai centri, registra sicuramente una maggiore e “precoce” consapevolezza da parte delle donne circa la violenza subita con conseguente richiesta di aiuto. La richiesta di ascolto/accoglienza (77%) e, a seguire, la domanda di consulenza psicologica (37%) e legale (33%) che le donne rivolgono ai centri antiviolenza, mette in evidenza il ruolo fondamentale dei centri come punti strategici delle reti locali di prevenzione e contrasto alla violenza, e la loro specificità in materia.
“Prendere la parola da uomo in questa giornata non è una cosa semplice – ha dichiarato il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano – perché non possiamo assolverci. Il fenomeno della violenza sulle donne è così diffuso, così largo che per queste ultime i luoghi meno sicuri sono diventati proprio la famiglia e la relazione con un uomo. Questo vuol dire che esiste ancora tra gli uomini una cultura, una diseducazione che li porta a utilizzare la violenza nella relazione con l’universo femminile. Probabilmente si tratta di una deformazione: laddove non riesce a dominare la donna con cui ha un rapporto affettivo, l’uomo cade in frustrazione e nei casi più gravi arriva a molestie, a chiedere cose che le donne non vogliono fare, alla violenza. Questo processo va interrotto, chiamandolo innanzitutto col suo nome: violenza, assoggettamento dell’altro genere.
Il bollettino di guerra dei femminicidi ha paragone solo con gli incidenti stradali. Gli uomini hanno bisogno di lavorare su loro stessi, di ritrovare un filo, che parta da una nuova educazione e da una nuova consapevolezza. Vogliamo vivere insieme in modo equilibrato, scambiandoci i ruoli che la vita ci riserva. Il nostro cambiamento, che non sarà semplice, non arriverà solo con le denunce delle donne, ma come uomini dovremo cambiare cultura, la concezione di noi stessi”.
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