28 Marzo 2025 - Ore
Cronaca

Salento, violenza sessuale e riti satanici in una casa famiglia: due educatori condannati a otto anni di reclusione

I ragazzini venivano sottoposti a “punizioni severissime”, lasciati al buio senza cibo e acqua, picchiati con bastoni, obbligati a vedere film dell’orrore

Confermata dalla Cassazione la condanna a otto anni e due mesi di reclusione per due educatori che in una casa famiglia, in Puglia, hanno maltrattato i minori affidati alle loro cure, alcuni dei quali anche con disagio psichico. I ragazzini venivano sottoposti a “punizioni severissime”, lasciati al buio senza cibo e acqua, picchiati con bastoni, obbligati a vedere film dell’orrore. Una ragazzina, della quale hanno anche abusano, veniva costretta a subire un rito satanico nel quale le vennero procurate ferite delle quali ha ancora le cicatrici. I fatti sono avvenuti nella comunità ‘Oberon’ di Taviano, e si sono protratti per diversi anni fino al marzo 2012, quando sono stati denunciati da una delle vittime che aveva trovato il coraggio di parlare dopo aver lasciato la comunità insieme ai suoi due fratelli.

A queste prime dichiarazioni sono poi seguite quelle degli altri ragazzini maltrattati. In seguito alla perquisizione degli alloggi dei due responsabili della struttura – Stefano P. e Luigi F. – sono stati trovati mantelli con cappucci, libri esoterici, film dell’orrore, tre crocifissi in legno, pezzi di vetro con i quali sarebbero state inferte le lesioni nella ‘messa nera’ celebrata in una chiesa sconsacrata. Durante le indagini, sono stati ascoltati gli adolescenti che erano stati ospitati nella casa famiglia e il loro racconto ha coinciso con quello delle altre vittime, alcune di loro venivano anche utilizzate per lo svolgimento di lavori per i quali i responsabili del centro ‘Oberon’ si facevano firmare le dimissioni in bianco e gli intimavano di tacere altrimenti avrebbero perso il lavoro con la piccola remunerazione. Non tutti si sono costituiti parte civile, e questo, oltre ai vari riscontri, ha corroborato l’attendibilità delle accuse.

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