Un tessuto imprenditoriale in fase di transizione ma più robusto: il clima economico è più sereno, ma alcune criticità, interne ed esterne, ne possono offuscare l’orizzonte. I livelli pre-crisi sono ancora lontani, ma la ripartenza sembra avviata. Questo, in sintesi il messaggio del Rapporto PMI Mezzogiorno 2016, curato da Confindustria e Cerved con la collaborazione di SRM-Studi e Ricerche per il Mezzogiorno.
La crisi economico-finanziaria sembra infatti aver terminato la propria corsa e anche le imprese meridionali, pur tra molte incognite, vedono consolidare quei segnali di ripartenza già delineati nel Rapporto dello scorso anno. La frammentazione si conferma l’elemento peculiare del tessuto imprenditoriale meridionale: su un totale di 1 milione e 600 mila imprese attive, l’89,9% non supera i 9 addetti; le società di capitali sono 270 mila, anch’esse per lo più di piccolissima dimensione: 25 mila sono le società con i requisiti europei di PMI (10 – 250 dipendenti, e fatturato compreso tra 2 e 50 milioni di euro).
Il rapporto conferma le caratteristiche costitutive di tale tessuto: imprese di piccole dimensioni, con una presenza dell’industria inferiore alla media nazionale, in cui resta alta la natalità imprenditoriale, la quale, tuttavia, non è stata ancora in grado di rimpiazzare la capacità produttiva andata distrutta con la crisi con una nuova generazione di imprese di dimensioni altrettanto significative.
E’ vero, però, che anche al Sud la crisi ha svolto un evidente ruolo di selezione, portando all’uscita dal mercato le imprese economicamente e finanziariamente più deboli. Contemporaneamente, le imprese “sopravvissute” hanno dovuto intraprendere un percorso spesso faticoso di ristrutturazione che, seppure con intensità diverse su base regionale e settoriale, ha condotto ad un miglioramento complessivo della competitività delle imprese meridionali: migliorano bilanci; crescono fatturato, margini e redditività; migliora la patrimonializzazione delle PMI. Anche l’investimento di capitale proprio in azienda, cui gli imprenditori sono stati spesso obbligati per supplire alla carenza di credito, inizia a mostrare i primi frutti: la redditività in termini di ROE, a lungo calante, è in crescita per il secondo anno consecutivo.
Al Sud ci sono dunque imprese più competitive cui si affiancano numerose nuove imprese, molte delle quali possono considerarsi a tutti gli effetti innovative. Anche nel 2015, l’introduzione delle Srl semplificate ha favorito la crescita delle newco: sono nate circa 30.500 imprese di capitali, 1.200 delle quali iscritte al Registro delle startup innovative (1/5 del totale nazionale): in base a un’analisi sulle nuove nate, ne esistono altre 1.000, non iscritte, ma con caratteristiche del tutto simili.
Si riducono le PMI che hanno avviato procedure di chiusura ed in particolare i fallimenti fanno registrare la prima decisa inversione di tendenza dal 2007 (-23% tra 2014 e 2015).
I benefici però non sono per tutti: le PMI già attive nel 2007 e “sopravvissute” agli anni della crisi hanno accresciuto la loro polarizzazione: crescono quelle in area di solvibilità (dal 37,4% del 2013 al 39,7% del 2014) ma, nel contempo, aumentano anche quelle in area di rischio (dal 22,7% del 2013 al 23,4% del 2014).
La ripartenza interessa, con livelli di intensità differenziati, le PMI di tutte le regioni meridionali, trainate da Campania e Puglia, che (non a caso) sono le due regioni in cui gli investimenti delle imprese si situano su livelli superiori alla stessa media nazionale. Anche Calabria, Sardegna e Sicilia, che nel Rapporto 2015 mostravano ancora difficoltà diffuse, sembrano ripartite, seppure su basi meno solide rispetto alle altre regioni meridionali, e con permanenti difficoltà nell’acceso al credito, e nei tempi di pagamento.
Anche se proporzionalmente inferiore alla media nazionale, è significativa, al Sud, la presenza di imprese “eccellenti” che vedono crescere il loro fatturato in condizioni di piena salute finanziaria e si confermano numerose le “gazzelle” meridionali (quasi 700 imprese che tra il 2007 e il 2014 hanno raddoppiato il loro fatturato), che dovrebbero continuare la loro “corsa”. Ma ben più numerose sono le imprese che, pur vedendo crescere il loro fatturato, mostrano una vulnerabilità finanziaria che può metterle a rischio con la stessa facilità.
L’elevata dipendenza dalle banche per ottenere liquidità resta uno dei principali motivi di tale vulnerabilità: la dinamica dei tassi di ingresso in sofferenza sembra, tuttavia, essersi arrestata al 5,1%, (2 punti più della media nazionale), e le previsioni per i prossimi anni indicano un’ulteriore riduzione (4% nel 2017). La probabilità di default rimane significativamente maggiore tra le PMI più dipendenti dalle banche. L’ampliamento del ventaglio delle modalità di finanziamento diviene, sempre più urgente, per spingere questo ampio paniere di imprese “sul crinale” dell’incertezza verso versanti più sicuri di solvibilità.
Secondo Confindustria e Cerved, sia pure con ritmi più bassi della media nazionale, le PMI meridionali dovrebbero veder crescere, nel 2016, sia il proprio fatturato (+2,8%) sia il proprio valore aggiunto (+4,1%). Analogo miglioramento dovrebbero vedere i margini (MOL +6,7%) e la redditività del capitale investito (ROE 6,4% dal 5,6% del 2013). Una tendenza al miglioramento dei principali indicatori economici, che dovrebbe continuare anche nel 2017. Più contenuto è il miglioramento previsto dei debiti finanziari rispetto al capitale netto: segno che la partita della crescita per le PMI meridionali continua a giocarsi proprio sul versante finanziario.
L’irrobustimento del tessuto imprenditoriale; la ripresa degli investimenti delle imprese, singole e in rete; il sostegno a quelle più innovative; il calo degli oneri finanziari e il miglioramento del profilo di rischio; la maggiore presenza sui mercati internazionali: restano questi gli obiettivi da perseguire per portare, anche al Sud, il maggior numero di imprese ad essere in tutto e per tutto “eccellenti” e trainare il Mezzogiorno sui binari di una crescita duratura.
L’avvio dell’operatività del credito d’imposta per gli investimenti, l’apertura dei primi bandi dei fondi strutturali 2014–20, l’ampia diffusione degli strumenti di ingegneria finanziaria (nazionali ed europei), un uso del Fondo Sviluppo e Coesione 2014-20 effettivamente orientato dalle “Strategie di Specializzazione Intelligente”, il preannunciato provvedimento “Finanza per la crescita”, costituiscono in questo senso occasioni concrete da sfruttare appieno, per il Mezzogiorno e per l’intero Paese.
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