Misurare il livello di anidride carbonica all’interno di uno spazio chiuso può prevenire il rischio di contrarre il Coronavirus. È il risultato della ricerca frutto di una collaborazione congiunta tra il gruppo di ricerca del Laboratorio di Sostenibilità Ambientale presso il dipartimento di Biologia dell’Università di Bari e SIMA, società Italiana di Medicina Ambientale. Lo studio, coordinato dal professor Gianluigi De Gennaro, è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica “Environmental Research”.
“Quando respiriamo – spiega Alessandro Miani, presidente SIMA -, emettiamo anidride carbonica ma soprattutto delle piccole goccioline che potrebbero contenere dei virus. L’anidride carbonica è un tracciante a basso costo che ci consente di sapere se l’aria e salubre. Con valori indoor di anidride carbonica uguali o inferiori a 700 parti per milione, il rischio che abbiamo di respirare aria espirata da altre persone presenti nello stesso ambiente è inferiore all’1%. Con livelli superiori, tuttavia, il rischio cresce sempre di più. Per questo motivo abbiamo predisposto un protocollo gratuito per il mondo della scuola che prevede una serie di azioni per favorire il ricambio dell’aria in una classe”.
La soluzione per capire se l’aria pulita circola in un ambiente chiuso è un misuratore di CO2: un apparecchio smart, con un costo medio-basso, che potrebbe essere determinante per far tornare gli studenti italiani nelle aule delle scuole. “Parliamo di uno strumento molto diffuso – prosegue Miani -, in vendita sui siti e-commerce e quindi facilmente reperibile. Basterebbe misurare i livelli di CO2 presenti in una classe per capire se l’ambiente è sicuro oppure se è necessario installare un sistema di ventilazione adeguato”.
Se il livello di anidride carbonica supera la soglia prevista anche con la semplice apertura delle finestre, in aula servirà un apparecchio con tecnologia DFS (Disinfecting Filtration System): si tratta di un sistema di origine militare che consente di creare condizioni di microbiostasi che impediscono a qualsiasi oggetto di vivere o crescere all’interno del filtro. “Questo tipo di strumento – continua il dottor Miani – permetterebbe di ‘ripulire’ sistematicamente l’aria, eliminando le goccioline espirate da un soggetto positivo al Coronavirus. Una tecnologica che aiuterebbe il mondo della scuola a combattere il virus e a prevenire focolai”.
Bisogna però evitare di utilizzare sistemi di sanificazione dell’aria che usino processi chimici (fotocatalisi, raggi UV, ozono, plasma e ionizzatori) in presenza di persone: “Qualunque sistema che nel suo funzionamento agisce chimicamente – aggiunge Miani – comporta una modificazione in atmosfera che produce radicali liberi. Questi radicali, legandosi a particelle presenti nell’aria aria, generano sostanze secondarie che sono più nocive di quelle che combattiamo quotidianamente”.
La necessità di misurare i livelli di CO2 nelle scuole italiane è stata sollevata poche settimane fa da Walter Ricciardi, direttore scientifico di Ics Maugeri e consigliere scientifico del ministro della Salute Roberto Speranza: “Nonostante i risultati del nostro studio – aggiunge il presidente SIMA -, il governo italiano non è intervenuto per dotare le aule scolastiche di rilevatori di CO2. In molti stati europei si sta lavorando in questa direzione, mentre in Giappone questo processo è già obbligatorio da circa un anno. Parliamo di un’ottima arma per ridurre i focolai di Coronavirus che potrebbero svilupparsi negli ambienti chiusi”.
SIMA offre assistenza gratuita al mondo scuola per indicare come, tramite un protocollo, sia possibile rendere più sicure le classi (info.simaitalia@gmail.com).
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