Dedicato al bambino dell’Isis, il bimbo di soli dieci anni che qualche giorno fa ha sparato e ucciso “due agenti russi” prigionieri in ginocchio.
Si è dileguata la tua innocenza insieme all’anima, si è frantumata sul terreno insieme ai cocci delle due teste spaccate dai proiettili. Questo è accaduto quando la realtà e l’orrore si sono confuse e amalgamate come il latte si mischia al sangue, materia che non si appartiene, e che si fa colore acre e spento, misto di fango e paura. C’era un vento maligno quel giorno a soffiare sulla sabbia, trascinava per mano un odore acido di morte, di freddo e distanza. Il pensiero era altrove nell’inferno, l’ordine eseguito, la vendetta agita, e la tua infanzia curva come una roncola, rovesciata a testa in giù per vomitare il disprezzo degli adulti da quella tua bocca ancora priva dei molari dei grandi, quei denti forti del giudizio che arrivano dopo negli anni e si piazzano in fondo in fondo, nelle caverne del tempo che langue e si sgretola. Una vita marcata per sempre, la tua, con tutti i meccanismi inceppati, rotti. Morto a te stesso e a te stesso persistente, tu così piccolo e già forzatamente grande, addestrato alla ferocia, avvezzo alla morte e privo di confini. Tutte le pareti smangiate dai mostri notturni che alimenteranno i tuoi sogni. Il buio che si trasforma in convulsa lotta contro l’esistenza intera, nello scheletro dei pensieri muti e incatenati di una vita programmata per smarrire il tuo giovane cuore e lasciarlo morire, cibo per la rivalsa di un adulto dalla barba lunga, densa di ferocia e violenza balorda e disumana, pasto perverso per cuccioli ciechi. Non tua la colpa ragazzino dallo sguardo fermo. Non tua di certo. Mentre la tua immagine attraversa il mondo da parte a parte come una lama, perfino i fantasmi si smarcano da te e tu resti impietrito e solo nel bozzolo di vetro duro al centro del male che non ti darà più scampo.
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