#staizitta giornalista”: GiULiA affronta, con interviste e con una inchiesta giornalistica, il problema del linguaggio d’odio sui social che, per chi fa questo mestiere, rischia troppo spesso di essere un bavaglio se non una vera e propria censura. L’insulto si trasforma in attacco, l’attacco in minaccia. Di stupro. Non solo…
Per capirne di più di questo fenomeno, che si è accentuato in tempi di lockdown, sono state intervistate le giornaliste che possono raccontare i diversi aspetti: l’attacco perché ci si occupa di migranti, di criminalità organizzata, di Africa, ma anche di politica, persino di sport. E le colleghe che hanno dovuto “spegnere” i loro social, con un danno professionale, persino quando si è trattato di interi giornali. Ecco allora la storia di Angela Caponnetto, quella di Nunzia Vallini, o ancora di Monica Napoli, di Marianna Aprile, di Marilù Mastrogiovanni, di Antonella Napoli, di Elisabetta Esposito, che in altrettante interviste raccontano in prima persona le vicende di odio e di violenza che le hanno viste protagoniste.
Cosa si fa nel mondo, in Europa, in Italia per contrastare questo fenomeno? Lo racconta il libro firmato da Silvia Garambois, presidente di GiULiA, e da Paola Rizzi, del direttivo nazionale dell’associazione, con il contributo di Silvia Brena, edito da All Around. È già uscito in ebook, a giorni sulle maggiori piattaforme, ma si può ordinare anche all’editrice, in attesa che arrivi in libreria.
La “Fondazione per il giornalismo Murialdi” ha inserito questo titolo nella collana “Studi”.
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