Ha inizio un nuovo anno, un altro anno di speranza per i giovani, per il loro futuro, perchè i loro progetti possano concretizzarsi e non restare solo dei sogni nelle loro menti o grandi idee sulla carta. Sempre di più infatti si sente parlare di “fuga dei cervelli”, espressione usata per indicare l’emigrazione di persone di talento o alta specializzazione professionale, prima verso il Nord Italia e poi verso altri Paesi stranieri più appetibili dove vengono oltretutto premiati valori come merito e competenze. E’ cosiì che ogni anno un importante capitale umano di studenti, imprenditori, scienziati e ricercatori scelgono di trasferisi all’estero, perchè in Italia non c’è futuro, rischiando di rallentare il progresso culturale e tecnologico del nostro Paese e limitando anche la possibilità di sviluppo economico. E’ molto amaro dover ammettere che in Italia si registrano ancora alti tassi di disoccupazione giovanile, problematica riguardante in modo particolare il Sud compresa la regione Puglia, fortemente penalizzata dalla scelta di numerosi giovani brillanti, ricercatori in testa, pronti a partire verso paesi europei più accoglienti. Un fenomeno non solo legato alla globalizzazione ma, molto più semplicemente e scoraggiante, alla ricerca di fortuna e di opportunità di inserimento nel mondo del lavoro. Alcuni, dopo qualche anno, desidererebbero ritornare in patria, spinti dal richiamo delle propria terra e dei propri affetti, valori imprescindibili e fondamentali delle terre del sud, ma le buonu intenzioni vengono scoraggiate dalla qualità della vita italiana fatta di ostacoli, pressapochismi e incertezze, a fronte di una offerta estera più allettante e sicura. Infatti, la nostalgia per la propria terra, le tradizioni e gli affetti non sono elementi sufficienti a favorire il ritorno di tante risorse umane, partite alla ricerca dell’appagamento dei propri sforzi e per la giusta realizzazione delle personali capacità e aspirazioni. Ormai sono gli stessi genitori ad aprire la porta e la mente ai propri figli, ad invogliarli a partire per raggiungere luoghi capaci di accoglierli, dove trovare la propria dimensione e il proprio futuro, nell’ambito di realtà dove prospettive e possibilità di vita sono infinite e non limitate. Certo, è sicuramente motivo di orgoglio leggere sui quotidiani notizie sulle scoperte scientifiche e mediche effettuate da ricercatori italiani/pugliesi che risiedono all’estero, ma testimoniano anche la grave perdita di capitale umano e il contributo fornito alla crescita di altri Paesi. Sarebbe bello poter argomentare l’aspetto dell’emigrazione delle nuove generazioni, legato alla semplice esperienza e al confronto con altre culture. Siamo diventati una delle regioni più attrattive d’Italia e secondo alcune recenti notizie, sono in arrivo diversi svariati milioni di euro da investire nella ricerca e innovazione dei settori strategici della Puglia, una pioggia di soldi che dovrebbero aiutare la regione nella ripresa e nello sviluppo e a prevedere risorse anche per il ritorno di ricercatori residenti all’estero a cui poter garantire ambienti universitari o lavorativi adatti, progettualità e prospettive di carriera a lunga durata, per evitare che siano costretti ad andarsene di nuovo. Se l’Italia vuole davvero essere competitiva nel mercato globale, deve riuscire ad attirare eccellenze dal resto del mondo e, per farlo, si devono fornire più opportunità ai talenti, sia italiani che stranieri. Sarebbe interessante poter mettere a punto sistemi che agevolino il cosidetto fenomeno di “brain circulation” finalizzato alla promozione dell’ingresso di risorse qualificate straniere, una sorta di scambio di talenti, come avviene già in molti altri Paesi, sostenuto necessariamente da investimenti collegati alla formazione, al mercato del lavoro e alla ricerca.
© Riproduzione riservata