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Qualche mattina fa, discutendo con i miei studenti del Politecnico c’è venuta un’idea balzana, ma forse più che praticabile: fare dell’area del Campus e delle scuole poste su via Celso Ulpiani, fino a comprendere il Panetti e l’Accademia di Belle Arti, un grande polo studentesco con una regia mista per i servizi. Sarebbe utile, infatti, integrare questi diversi istituti d’istruzione primaria, secondaria ed universitaria in un’unica dimensione intelligente e consentirebbe a San Pasquale di diventare il primo quartiere della città per servizi agli studenti, ridando fiato all’economia del territorio ed alla socialità giovanile. Non è impossibile se a coordinare questa scelta ci sono tutte le parti in causa, a partire dall’Amministrazione Comunale. Va da sé che per rilanciare l’economia cittadina orientandola al lavoro è necessario partire da quel che c’è, e lì, in quell’area, ci sono i presupposti strutturali e burocratici per impiantare un polo della conoscenza e del sapere concentrato e produttivo. La nostra idea è quella di includere ogni ciclo scolastico collocato nella zona in un circuito virtuoso, attraverso l’uso condiviso degli spazi presenti e dell’offerta bibliotecaria, informatica, laboratoriale. Si tratta di costruire un sistema di collaborazioni su un sistema spaziale già esistente. Questo consentirebbe alle scuole di potersi servire degli spazi e delle conoscenze del Politecnico, ed agli studenti del Campus di fruire degli spazi delle scuole: un processo di interazione positiva che, se portato avanti, può consolidare un’identità territoriale. Lo stesso se pensiamo che le strutture scolastiche possono e devono essere messe a disposizione della cittadinanza che si organizza, che fa comunità, che fa sicurezza positiva e non repressiva. Si tratta di dar vita a reti di prossimità tra pezzi diversi di cittadinanza usando gli spazi pubblici esistenti e ri-funzionalizzandoli per dare senso civico a Bari. Per questo penso che l’idea dei miei studenti sia più che opportuna per San Pasquale, a costo zero e a forte impatto sociale e culturale. Un’idea bella, complessa, giovane come loro, come il futuro di questa città. Del resto, è sulle loro teste e sulle loro gambe che dovrà procedere la città che ancora non c’è e che si trasformerà negli anni a venire; allora rifunzionalizzare gli spazi diventa il punto di partenza per tenere insieme giovani e anziani, piccoli e grandi, in un patto al coperto, dentro strutture pubbliche, nidi della socialità e della cultura. Un’idea da premiare con la fattibilità.