8 Luglio 2025 - Ore
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L’utero in affitto è un reato

Lo ha affermato la Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione civile, sez. I, con sentenza del giorno 11/11/2014, n. 24001 ha affermato testualmente il seguente importante principio giuridico: “L’ordinamento italiano – per il quale madre è colei che partorisce, secondo quanto disposto dall’art. 269, terzo comma, c.c. – contiene, all’art. 12, comma 6, legge n. 40 del 2004 un espresso divieto, rafforzato da sanzione penale, della surrogazione di maternità, ossia della pratica secondo cui una donna si presta ad avere una gravidanza e a partorire un figlio per un’altra donna; tale divieto non è stato travolto dalla declaratoria d’illegittimità costituzionale parziale dell’analogo divieto di fecondazione eterologa, di cui all’art. 4, comma 3, della medesima legge, pronunciata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 162 del 2014. Il divieto di pratiche di surrogazione di maternità è di ordine pubblico e non si pone in contrasto con la tutela del superiore interesse del minore, atteso che il legislatore ha considerato che tale interesse si realizzi attribuendo la maternità a colei che partorisce e affidando all’istituto dell’adozione, realizzata con le garanzie proprie del procedimento giurisdizionale, piuttosto che al semplice accordo della parti, la realizzazione di una genitorialità disgiunta dal legame biologico.” (nella specie, una coppia di coniugi, di cui la moglie sottoposta ad intervento di isterectomia ed il marito affetto da oligospermia, avevano stipulato in Ucraina un contratto di maternità surrogata, a seguito del quale era nato un bambino, dichiarato all’anagrafe italiana come figlio biologico della coppia; la Corte ha statuito che il certificato di nascita ucraino, sul quale la coppia basava il rapporto di filiazione con il minore, e la stessa legge ucraina in materia di maternità surrogata sono contrari all’ordine pubblico italiano, sicchè al primo non può riconoscersi efficacia, ai sensi dell’art. 65 legge n. 218 del 1995, e la seconda non può trovare applicazione, ai sensi dell’art. 16 della medesima legge n. 218, con conseguente impossibilità di riconoscere lo status del minore quale figlio della coppia, difettando in radice l’attribuzione, ossia il titolo). www.confconsumatoripuglia.it

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