Un rinvio della discussione degli ordini del giorno, “non con l’intenzione di soffocarla”, bensì per consentire all’Assemblea di esprimersi sulla bozza dell’accordo di programma a cui Regione e Governo nazionale stanno lavorando, prima di procedere alla sottoscrizione. È quanto ha chiesto il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano nel suo intervento in Aula, spiegando che “in questo momento, un voto su provvedimenti che rappresentavano una realtà completamente diversa dall’attuale, sarebbe un ostacolo alla soluzione di una vicenda che è a un passo dall’essere positivamente realizzata”.
“La Regione stessa – ha spiegato Emiliano – ha revocato la richiesta di sospensiva al Tar come gesto di apertura verso la disponibilità del Governo a trovare una soluzione negoziata. È evidente che in questo percorso io mi sento di rappresentare non una maggioranza, ma mi sento di rappresentare tutta la Puglia. È tutta la Puglia che mi chiede di tutelare le ragioni della salute dei cittadini e di fare in modo che la prosecuzione della vita della fabbrica sia compatibile con queste istanze”.
Emiliano ha colto l’occasione per “ringraziare il Presidente del Consiglio Gentiloni, che si sta sforzando, senza clamore, di ricondurre la vicenda alla normalità della prassi, che presupponeva una discussione dialettica delle osservazioni al DPCM. Non ci è stato consentito. Noi abbiamo dovuto inviare le osservazioni e il ruolo della Regione Puglia, del Governo, ma anche del Consiglio, che avrebbe potuto, con tempi diversi, produrre, dare indicazioni, purtroppo sono stati costretti in una procedura, quella definita dai decreti che si occupano della cessione dell’azienda, che non ha dato alcuna possibilità. Al contrario, nella bozza che abbiamo ricevuto dal Governo alcune di queste nostre osservazioni particolarmente rilevanti sono state oggetto di ipotesi di accoglimento”.
Con riferimento agli ordini del giorno presentati, in particolare a quello del consigliere Borraccino, Emiliano ha ribadito che “hanno un profilo che va politicamente sviluppato nel seguito di questa vicenda attraverso la discussione politica, per capire se ci sono margini per la statalizzazione della fabbrica. Ipotesi che ho sempre condiviso ma che sarà difficilmente perseguibile. Noi non possiamo stabilire che l’ILVA non sia venduta, non possiamo stabilire di nazionalizzarla, non possiamo neanche stabilire, con nostro atto amministrativo, quali sono i sistemi produttivi che devono essere introdotti. Dobbiamo arrivare a queste conclusioni, se possibili, per via negoziale. Dobbiamo però scrollarci definitivamente di dosso l’idea che l’Ilva detti le condizioni alla Regione Puglia.
Non si può neanche supporre il contrario, perché lo stato di diritto non consente alla Regione di dettare le condizioni di funzionamento di una fabbrica. Ci sono le leggi che lo stabiliscono. Ciò che ci ha mosso e ci muove è la tutela della salute dei nostri concittadini, la tutela degli operai, la tutela dei prodotti agricoli, la tutela della filiera agroalimentare, del turismo, tutte cose assolutamente di nostra competenza e che sono di importanza enorme, perché sono quasi tutte questioni che attengono ai princìpi fondamentali della Costituzione. Ma ora il Consiglio deve difendere, prima ancora della salute, il ruolo delle Istituzioni rispetto a una fabbrica capace di esercitare un ricatto psicologico sulla possibilità di perdita di posti di lavoro, di un impatto negativo sull’economia: ora l’Ilva deve stare alle regole come qualunque altra fabbrica. E credo che i primi a essere consapevoli che questo modello non funziona più sono proprio gli aspiranti acquirenti, perché blindare l’ILVA, separandola dalla città e contrapponendola alla città, è un modello di relazioni industriali primordiale che loro non possono che evitare”.
© Riproduzione riservata