Pinacoteca metropolitana “C. Giaquinto” di Bari
Sabato 10 febbraio 2024, alle ore 18.00, nella Pinacoteca metropolitana “C. Giaquinto” di Bari, si inaugura la mostra “Natura Scultura”, retrospettiva dedicata all’artista Enzo Guaricci, promossa dalla Città Metropolitana di Bari e a cura di Christine Farese Sperken e Roberto Lacarbonara.
A un anno dalla scomparsa di Enzo Guaricci (Acquaviva delle Fonti, 1945– 2023), una importante esposizione, ospitata nelle due sedi museali dell’Ente, quali la Pinacoteca “Corrado Giaquinto” e il Museo Archeologico Santa Scolastica, ricostruisce, con circa 50 opere, oltre mezzo secolo della sua attività artistica vissuta tra la Puglia e le città di Firenze e Roma.
La mostra è stata presentata dalla consigliera metropolitana delegata ai Beni culturali, Francesca Pietroforte, dal dirigente del Servizio Beni culturali e ICO, Francesco Lombardo, e dai curatori Christine Farese Sperken e Roberto Lacarbonara alla presenza dei familiari di Guaricci.
“E’ un omaggio ad un artista pugliese e rientra nella programmazione culturale della Città metropolitana con l’obiettivo di valorizzare le eccellenze culturali del nostro territorio – ha affermato Francesca Pietroforte -. E’ la prima volta che organizziamo un’esposizione diffusa nelle due sedi museali dell’Ente; un esperimento che promuove nello stesso tempo sia le opere dell’artista sia le preziose collezioni dei nostri musei”.
L’iniziale interesse di Guaricci nei confronti della pittura (documentato nella sala del Novecento della Pinacoteca) si delinea nel solco della Nuova Figurazione Romana, quando l’artista prende parte ad alcune rassegne espositive del Capoluogo, anche grazie all’apprezzamento e alla vicinanza del maestro Renzo Vespignani.
In questi anni, Guaricci ragiona su tematiche di carattere sociale e ambientale attraverso dipinti che rielaborano una componente geometrica e neocubista – fino agli esiti di un personalissimo stile che egli stesso amava definire “Cerchismo” (in mostra un Autoritratto del 1968) – e analizzano i fenomeni di degrado culturale e la stridente convivenza tra una natura gravemente contaminata e la produzione artificiale, industriale e massificata, con opere quali Oltre la siepe del 1970 e i due Tentativo di innesto del 1975.
Al 1968 risale anche la realizzazione di un monumento commemorativo a Gibellina, dedicato alle vittime del terremoto in Sicilia e prodotto in collaborazione con l’amico artista Lino Sivilli: è in mostra, una ricostruzione documentale e fotografica dell’opera.
Negli anni Settanta e Ottanta, dopo la brusca interruzione della produzione pittorica del 1977, l’attività professionale di Guaricci si divide tra l’insegnamento negli Istituti d’arte di Bari e Monopoli, la scenografia e l’architettura d’interni (di questi anni, la progettazione dell’ingresso dell’ex-Ospedale Miulli, con la realizzazione di un grande bassorilievo, oggi visibile nella nuova sede).
Nel 1990, la ripresa dell’attività artistica vede Guaricci alle prese con nuovo slancio orientato alla scultura, specie quella in bronzo. Una fase di circa due anni che vede l’artista assiduamente coinvolto dal lavoro in fonderia (la storica Fonderie F.lli Volpicella di Bari), realizzando decine di opere caratterizzate da colate incandescenti e tentativi di organizzazione formale che privilegiano la geometria del quadrato, inteso come limite, organizzazione e struttura di contenimento della materia.
In Pinacoteca, sette sculture degli anni compresi tra il 1991 e il 1993: Quadrato vegetativo e alcune Linee di base.
Una nuova svolta, a partire dal 1993, porta Guaricci a elaborare una singolare procedura tecnica per il calco di oggetti di uso comune e superfici naturali. Grazie a un impasto di polveri di marmo, resine e ossidi – in grado di conferire alla materia un aspetto fossile e pietrificato – l’artista produce “reperti archeologici” assolutamente verosimili, erosi dal tempo, allegorie di un presente già archiviato e tracce iconiche di “come eravamo domani”.
Oltre a due grandi installazioni – Concerto con certo sconcerto (2009), serie di sette campane pietrificate e sospese, da cui emana l’eco di un rintocco; SiripArte (1999), un grande pneumatico che reca la sua impronta tra le sale del Museo.
La Pinacoteca propone una ampia selezione di oggetti, utensili e libri realizzati con medesima tecnica, comprendendo anche interventi di scala in cui l’artista, superando il concetto di calco diretto, ricrea oggetti ingranditi, riconoscibili eppure totalmente surreali, al limite tra la scultura e l’elemento scenografico: alcune gigantesche e deformi monete della Repubblica all’Italiana (2000-2001) e la grande bilancia di Falso in bilancia (2011), da cui si evince anche il ricorso a una titolazione ironica e sviante.
Chiudono la sezione alcuni “dipinti pietrificati”, in omaggio ad autori come Picasso e Guido Reni.
La sede del Museo Archeologico Santa Scolastica definisce l’ideale proseguimento della retrospettiva proprio in funzione del dialogo tra le opere dell’artista e i “veri” reperti archeologici di epoca preistorica, italica, greco-romana, bizantina e medievale: una successione di epoche e testimonianze cui si mescolano, con fare mimetico, i falsi fossili di Guaricci.
Per la prima volta dalla presentazione del 2002 alla Fiera del Levante di Bari e del 2003 alla Fiera di Padova, ritroviamo l’environment Pesci fuor da quà: centinaia di pesciolini di gesso bianco immersi in uno spazio buio, illuminato con luce di wood e con un sonoro di evocazione subacquea. In mostra, anche una delle opere più iconiche dell’avvio della stagione “pietrosa”: la scultura Vero/ Falso. Clonazione (1995) in cui due sassi, perfettamente identici nella forma e nel colore, nascondono l’ambiguità della relazione tra originale e copia.
Tra le sculture di questo ciclo, la prima opera in resina, AcquaViva del 1993, realizzata a partire dalla fedele riproduzione di un banco roccioso in agro della sua città, dal quale affiorano bottiglie di plastica compattate tra le stratificazioni della “vera finta pietra”: un segno della discontinuità geologica tra ere del passato che hanno visto la comparsa e scomparsa dell’uomo.
Il percorso abbraccia anche il chiostro – dove sono allocate le grandi Matite Faber Castell di Dialogo (2008-2024) – e conduce sino alla sala del Bastione cinquecentesco dove sono disposte, tra le fondamenta del convento benedettino, installazioni come Ma quale mare? (1997) – grande spirale di terra rossa, avvisaglia di un temibile prosciugamento delle acque da cui emerge solitario un grande remo parzialmente pietrificato – e i Mezzi Volanti (1997), sassi in forma di palloncini illusoriamente sospesi in volo.
A questa immagine fa eco la proiezione del video in stop-motion Lezione di volo (2004), in cui si osserva l’artista-demiurgo forgiare un palloncino soffiando in una pietra trovata sulla sabbia per poi librarsi verso l’alto in un volo impossibile.
La mostra è accompagnata dalla pubblicazione del catalogo edito da Sfera Edizioni (marzo 2024) con i contributi critici di Christine Farese Sperken, Roberto Lacarbonara e Pietro Marino.
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