Cara Anna,
ci sono delle volte in cui si fa fatica a trovare le parole giuste per esprimersi ed io, da ieri sera, sono alla ricerca di aggettivi adeguati per dare forma al silenzio clamoroso che mi ha catturata da quando si è aperto il sipario ed i miei occhi ti hanno vista. Il palcoscenico nudo e tu, grandiosa e gigantesca nel tuo vestito bianco e nella luce accesa sul tuo enorme talento. Ti ho ascoltata, parola per parola, ed ho ritrovato in te la struggente moltiplicazione della tua vita, dei tuoi personaggi, della tua penna. Ti scrivo come si fa con un’amica cara, perché è da tutta la vita che ci sei, nel mio vocabolario, nel lessico famigliare, nei momenti di alta tensione che vanno smorzati con una tagliente e acuta battuta. Quindi ti scrivo non con ammirazione, ma con l’amore proprio di chi si accompagna.
Anna, ieri per me è stato un dono. Un dono che mi vede ancora commossa e scossa. Una girandola di cieli e di lampi che si sono rovesciati sulla mia testa mentre tu, nascosta da quel leggio più grande di te, davi respiro alle variopinte personalità dei tuoi personaggi. Tu, così piccola nel tuo vestito così grande, tu così grande su quel palcoscenico così piccolo. Incontenibile.
Stanotte non è stata cosa di dormire. Sono rimasta imbrigliata nei tuoi tempi comici, nella tua narrazione, nella riflessione di quel buio e di quel silenzio in cui Cirino tesseva le trame della sua esistenza, seduto immobile di fronte alla finestra. Sono rimasta su quella rampa di scale mentre Olimpia faceva sù e giù col suo caschetto da centurione. Sono rimasta incastrata nella tenerezza della tua voce e nell’apoteosi della tua testa così plurale. Ieri non potevo mancare, sapevo che era un’occasione imperdibile.
Anna, tu lo sai meglio di me, la malattia che tanto ti ha tolto della tua fisicità, altrettanto ti ha dato. E’ a questo che continuo a pensare. A come ti sei aggiunta. Come ti sei formata. Come ti sei aumentata. Sei diventata, a sessant’anni, un contenitore di bellezza. La malattia è l’amplificatore della tua umanità e, senza remore, posso dire che non sei meno bella di un tempo, che non hai più bisogno delle tue storiche minigonne ad evidenziare il tuo stacco di cosce, non hai bisogno del trucco a suggerire il bel taglio degli occhi e che, chi come me, follemente ti ha sempre amata avverte il balzo in avanti che la tua sensibilità e la tua intelligenza hanno compiuto nella maturità. Ieri ho lasciato il teatro chiedendomi se avessi fatto bene a non aspettarti, a non provare a parlarti solo per dirti Grazie. Grazie per tutte le volte che suonano nel mio ufficio ed io puntualmente dico “ Bussano alla porta”, o per quando entro a casa di mia nonna e le dico “ Ciao, sono la bella figheira!” e lei mi risponde imitandoti “dov’è mia sorella, dov’è mia sorella”. Per quella volta che impacciata in pubblico non riuscivo a leggere il foglio e me la sono cavata con un “Siccome che sono cecata”…levandomi dall’impasse di una figuraccia, per i Promessi Sposi che conosco a memoria solo grazie a te. Per quella volta che all’Ambra Jovinelli mi sei passata accanto e non ho avuto il coraggio di fermarti, per tutte quelle volte che ho smorzato la mia rabbia guardando a ripetizione la Cameriera Secca, perché ogni volta che devo dire che una cosa mi piace dico che è “taaaanto caruccia”, perché hai sottolineato ieri sera che un essere umano è la somma di sé stesso.
Gli applausi di ieri sera al Petruzzelli durati un’infinità sono stati un abbraccio lunghissimo ed autentico, sono stati una benedizione. Non per te, ma per me, che c’ero.
Spero davvero che queste righe che viaggeranno per il web possano trovare un algoritmo magico e che arrivino fino a te. Spero che tu possa leggerle come una vera e proprio dichiarazione d’amore e di stima.
Spero di avere ancora mille occasioni per vederti in molti teatri, spero di leggere altri tuoi cento libri, spero che tu, Anna Rita Marchesini continui a sentire forte e chiaro il motore che fa camminare la tua creatività ed il tuo talento. Forse, ancora una volta, le mie parole sono sottrazione del mio sentire e del mio pensare, ma io oggi sono migliore di ieri. E questo è importante che tu lo sappia.
Abbi cura di te.
Simona Ruffino
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