Ieri hanno affollato la spiaggia. Il vento “calabrese”, come lo collocano nella geografia delle correnti dalle parti di Manduria, ha reso gradevole la giornata e i bagni. E’ il loro mare. La loro spiaggia. Così suggestiva che “a Specchiarica ogni tanto puoi anche vedere i fenicotteri”, spiega uno del posto, Simone Attanasio. Chissà se sarà sempre trasparente quell’acqua. A sentire i residenti di Manduria e Avetrana, arrivati su dieci bus a Bari, lungo quei chilometri del litorale ionico tarantino”si rischia
di assistere ad uno scempio”.
Per loro i rischi arriverebbero dal futuro depuratore consortile di Manduria , Sava e marine di Manduria, il cui progetto di scarico termina proprio nelle acque che bagnano le marine di Manduria. La matita dei progettisti dell’Acquedotto pugliese si è fermata tra Torre Colimena e San Pietro in Bevagna, in località “Specchiarica”, nei pressi della salina Monaci, zona protetta.
Destinazione finale dei reflui, tramite condotta sottomarina, ad un chilometro dalla costa, in un fondale di 16 metri di profondità, in una zona SIC (sito di interesse comunitario) per la presenza di una vasta prateria di Poseidonia.
Cinquecento metri a destra e a sinistra dell’opera, saranno interdetti alla balneazione. La soluzione è questa, secondo chi progetta. Lavori già appaltati per oltre 11 milioni di euro. Inizio delle opere a settembre. “E da dove si comincia?”, si chiedono
retoricamente i manifestanti che hanno bloccato via Capruzzi, la sede del consiglio regionale: “Proprio dalla condotta in
mare. In strada, nel capoluogo, hanno portato palloncini blu, fischietti, striscioni (“questo mare da cartolina non diventi
una latrina”), magliette celebrative di una protesta che per questi cinquecento e più arrivati a Bari è una lotta sacrosanta a
difesa del territorio. A qualcuno ricorda la famosa agitazione per dire no al nucleare ad Avetrana. Era il 1982.
Oggi la “minaccia”, per loro, è la bocca di quel depuratore pronto a sversare in mare. L’impianto presto nascerà tra Manduria e Avetrana (zona “Urmo Belsito”) e servirebbe anche il Comune di Sava che una struttura di depurazione la chiede a gran voce. Ma tra municipalità e manifestanti non sempre ci s’intende: accuse reciproche di disimpegno o scarsa partecipazione.
La battaglia finale, però, ha uno scopo unitario: nessun riversamento di acque depurate deve finire a mare. L’anno
scorso ci pensò anche Romina Power a sposare la battaglia dei residenti. Finì a suon di polemiche con il sottofondo ironico
del “ballo del Qua Qua” citato dall’allora assessore ai Lavori pubblici Fabiano Amati. I manifestanti sono perfettamente consapevoli che il depuratore di Manduria, ormai obsoleto oltre che fuori norma, va messo necessariamente a norma, per la salvaguardia dell’ambiente e per far fronte all’infrazione comunitaria.
“Quello che si contesta – dicono dai comitati – è la scelta progettuale che ha privilegiato gli aspetti economici di costruzione e gestione rispetto a quelli di natura ambientale ed economici del territorio”. “Si faccia lo scarico ovunque ma non nel mare”, si sforzano di ripetere i manifestanti, preoccupati che un impianto simile altererà pesantemente l’equilibrio biologico ed economico della zona. Sembra uno degli ultimi appelli di fronte a delle decisioni che viaggiano spedite. Alcuni giorni fa sono stati effettuati in mare i primi carotaggi, mentre il tentativo di trovare una soluzione è nelle mani della Regione. I sindaci dei Comuni di Manduria, Sava, Avetrana, a cui si è aggiunto anche Erchie hanno chiesto all’assessore ai Lavori pubblici Gianni Giannini, all’Agricoltura Fabrizio Nardoni e all’Ambiente Lorenzo Nicastro, una moratoria dei lavori. La Regione si è impegnata a concedere uno stop ad ogni attività propedeutica ai lavori (carotaggi) fino a settembre, mentre secondo il vicesindaco di Manduria, Gianluigi De Donno, “la Regione ha dato la disponibilità a riutilizzare le acque affinate in tabella 4 per usi irrigui tramite la rete Arneo nei terreni di proprietà del comune di Manduria ed eventualmente nelle vasche di Avetrana. La condotta sottomarina resta come recapito di emergenza”. Una soluzione insoddisfacente dunque, che non piace ai manifestanti
che promettono ancora battaglia.
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