“Caro Guglielmo non pensavo che arrivassi a tanto, strumentalizzando una vicenda che non mi vede minimamente coinvolto né sul piano giudiziario né su altri piani, semplicemente perché non sono assolutamente intervenuto nella vicenda. È possibile che un figlio di persona nota sia capace e meritevole? O per forza i suoi traguardi sono dovuti all’influenza dei genitori? Anche un altro mio figlio sta facendo concorsi e andrà lontano, come è già avvenuto in passato”. E’ questa la replica del coordinatore regionale del Pd Giovanni Procacci alle parole dure del candidato alle primarie del centro sinistra Guglielmo Minervini che hanno commentato le notizie relative ad un’inchiesta della Guardia di Finanza su concorsi all’Università di Bari. In un uno di questi sarebbe coinvolto, Pasquale Procacci, vincitore di un concorso per dottore di ricerca nel 2009, quando il padre Giovanni era senatore.
“È evidente – aveva scritto Minervini su Facebook – che i fessi siamo noi che abbiamo educato i figli sostenendo che nella vita si cammina in piedi. E che contano la fatica, l’impegno, il merito, l’onestà. E’ evidente che il fesso sono io. Dieci anni assessore regionale, nientepopodimeno, e una figlia a Milano ancora a sbattersi in giro, con tutte le sue energie, per cercare uno stage non retribuito, dopo un lavoro precario in condizioni da sfruttamento. In fondo, come ci ricorda Procacci, se sei un “politico” di punta basta una telefonata all’amico barone, et voilà, dottorato vinto per tuo figlio, primo passo di una carriera luminosa spianata in forza di un cognome che sfonda i traguardi come un ariete”. Concludendo: “Pronti a sospenderci dal Partito democratico se il coordinatore della segreteria Giovanni Procacci non rimetterà il suo incarico e se Michele Emiliano, da segretario, non sia lì a pretendere che lasci il posto”.
Anche su quest’ultimo punto c’è stata la replica dell’ex senatore: “Non ricopro ruoli istituzionali e nel partito coordino la segreteria. Non esiterei un attimo a dimettermi se questo non dimostrasse una mia qualche colpevolezza”. Ed a questa è seguita la contro replica di Minervini: “Nulla di tutto questo le dimissioni sono dovute per togliere il partito dall’imbarazzo”.
Né Pasquale Procacci e neppure il padre Giovanni sono indagati.
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