Non sono una gran tifosa di calcio lo ammetto. Di pallone effettivamente non ne capisco granché e invidio davvero la capacità dei tifosi di emozionarsi a tal punto, per un goal, da perdere totalmente la testa e cominciare a urlare di gioia, a staccarsi i capelli di testa per l’eccitazione e ballare, cantare, tornare insomma bambini in quell’accezione più pura e più bella del termine, che ha a che fare con la perdita di controllo, la voglia di esultare senza censurarsi, la possibilità di far esplodere tutta la gioia che si ha dentro. Voglio dire insomma che io questa bella sensazione l’ho provata nella mia vita, ma per altre cose, situazioni diverse che non avevano nulla a che fare con il pallone; tuttavia ammetto che, l’idea di non aver mai vissuto in prima persona una tale esaltazione rispetto a una partita, mi ha sempre provocato un po’ di dispiacere perché l’atto del tifare, quando è fatto in maniera costruttiva, reca in sé un’urgenza di gioia e appartenenza, un’emozione grande e bella da condividere; ti avvicina a dio, ti fa sentire onnipotente e forte, ti ricongiunge all’energia più pura del mondo e ti droga i pensieri di positività. Ho desiderato per tutti questi anni di fare mia questa sensazione al cospetto di un pallone che rotola, lo sport mi ha sempre avvinta, ma con il calcio c’era sempre qualche difficoltà, non ci stavo dentro, non mi prendeva. Il ‘miracolo’ è accaduto pochi giorni fa, si è materializzato davanti ai miei occhi dopo i goal di Edgar Cani. La sua storia, insieme al successo apportato alla Bari è una delle sorprese più belle e poetiche che il campionato di serie B potesse regalarci di questi tempi. Edgar aveva appena 11 mesi quando arrivò a Bari nelle braccia dei suoi genitori fuggiti dall’Albania a bordo della stracarica Vlora. Edgar affrontò quel viaggio disperato totalmente inconscio di quello che sarebbe stato il suo destino. Lui, che all’epoca era soltanto un pezzettino di neonato, fu stipato, insieme ai tantissimi altri connazionali disperati e in difficoltà, nel vecchio Stadio Della Vittoria…non avrebbe mai potuto immaginare e nessuno di noi, ma tantomeno i suoi genitori, che l’inseguimento di quel desiderio di riscatto e rinnovamento alla fine si sarebbe realizzato, perché Edgar Cani si è dimostrato un vero campione nello stadio di Bari e ha realizzato un sogno, un grandissimo sogno. A storie come questa non si può resistere, storie così belle e forti restituiscono un senso di speranza e bellezza talmente immenso da far commuovere. Ecco così che mi ritrovo d’amblé a ridefinire i contorni del mio essere fan di qualcosa e improvvisamente riemerge un’urgenza contagiosa e folleggiante di gioire, saltare e urlare di gioia che emerge dal profondo, quella spinta incontrollabile e festosa che chiede di tracimare è molto più che semplice incitazione o entusiasmo. E’ proprio tifo sì, tifo per la vita!
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