Un’aspirante stilista e un cuoco sushi. Hanno gli occhi a mandorla e genitori filippini, ma loro sono italiani. Lo sono di fatto dalla nascita e ora anche di diritto, perché il Tribunale di Bari ha riconosciuto con due sentenze depositate nei giorni scorsi il diritto di cittadinanza per Angela Pailan e Jonas Sajagon. Figli di due famiglie di ex migranti irregolari, i due ragazzi, assistiti dall’avvocato Tiziana Sangiovanni e affiancati in questa battaglia poi divenuta giudiziaria dalla Cgil di Bari, sono nati e cresciuti qui.
Hanno frequentato le scuole baresi, i loro amici e vicini di casa sono italiani, la loro lingua è l’italiano, ma per lo Stato non avevano diritto di cittadinanza perché quando sono nati, nel 1995, i loro genitori erano migranti irregolari.
Con queste sentenze, “le prime del loro genere a Bari” sottolinea Gigia Bucci, segretario generale Cgil Bari, i giudici evidenziano che “non può prescindersi dal rilevare come vi sia stata una evoluzione della normativa sugli stranieri atta a consentire l’acquisto per elezione della cittadinanza per chi, pur non avendo risieduto legalmente sul territorio nazionale in maniera ininterrotta possa, comunque dimostrare, attraverso la produzione di documentazione, la presenza in Italia fin dalla nascita di modo che eventuali inadempimenti dei genitori non finiscano per arrecare pregiudizio ai figli di fatto da sempre ivi residenti”.
La legge italiana prevede che per uno straniero che nasce in Italia basta una dichiarazione di volontà al compimento del diciottesimo anno d’età per ottenere la cittadinanza. Non per loro, nati qui quando i loro genitori, migranti filippini, ancora non avevano il permesso di soggiorno. Angela frequenta oggi l’Accademia d’arte di Bari con specializzazione in scenografia e vorrebbe diventare una stilista. Jonas, ex ballerino professionista di hip hop, lavora come cuoco sushi in un ristorante giapponese.
Entrambi nel 2014, ormai maggiorenni, avevano presentato all’ufficiale di stato civile del Comune di Bari la dichiarazione di volontà per il riconoscimento della cittadinanza, ottenendo però un rigetto. Da allora hanno continuato a rinnovare, ogni due anni, il permesso di soggiorno che consentiva loro di restare a Bari; se i genitori avessero perso il lavoro, però, sarebbero dovuti tornare nelle Filippine. Dove, dicono, “ci sentiamo stranieri”. “Questa è casa mia – dice Angela – e da oggi potrò finalmente anche votare e, chissà, fare politica e candidarmi”.
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