4 Dicembre 2023 - Ore
De-liberatamente

L’Emergency del regalo e il valore del dono agli sconosciuti

Una riflessione di Francesca Palumbo

Quando anche la scelta di cosa regalare diventa un atto politico.
Dicembre e i regali! Sorrido con simpatia ripensando alla pedissequa e disarmante organizzazione di una serie di persone incontrate nel tempo, che mi hanno confessato di riuscire a pensare ai regali da fare, già da mesi e mesi prima, per evitare così di arrivare ‘disorganizzate’ all’evento natalizio! Da una parte confessioni di questo genere muovono in me considerazioni di ammirazione per chi (al contrario mio) riesce a pianificare i propri tempi in maniera così pragmatica; dall’altra mi porta a riflettere su quanto possa essere nevrotizzante per alcuni quel ‘dover’ pensare in tempo a qualcosa da regalare come fosse un obbligo che richiede attenta premeditazione e rigorosissima accumulazione. Fondamentalmente la riflessione che più m’inchioda a pormi domande, da sempre, sulla ritualità (e anche piacevole impellenza, dal mio punto di vista) di scambiarsi regali a Natale, si annoda intorno al senso di tutto questo darsi da fare per cercare il regalo giusto, per ‘sentire’ di voler fare questo gesto, reiterandolo ogni anno, con grazia e sentimento.
Ora, indipendentemente dal credo religioso di ognuno, non c’è dubbio che si sia tutti, chi più chi meno, pervasi dall’atmosfera generale d’intimità e socialità che il Natale bene o male rimanda, un contesto in cui la personalità di ognuno inevitabilmente (pur nella scelta radicale ad esempio di non fare regali) interagisce con la cultura e con le tradizioni. Quale momento più propedeutico dunque per interrogarsi sul senso del donare ?
Sicuramente, nello scambio dei reciproci regali natalizi, ognuno di noi entra inevitabilmente a far parte di un rito che ci riporta all’infanzia e che consolida i legami familiari e amicali, a volte sfilacciati dalle complicanze della vita quotidiana (oggi anche flagellata dalla crisi). È anche vero però che questo rito nel periodo natalizio, ha la capacità intellettuale ed emotiva di mostrarci con precisione che, l’atto del donare, rappresenta una modalità di far funzionare complessivamente la società e noi stessi all’interno di essa. Di fatto è attraverso questi scambi tra amici, familiari, conoscenti (scambi che alimentano ovviamente una parte rilevante dei consumi) che noi tutti consolidiamo e rinnoviamo di continuo un vero e proprio modo di stare insieme. Il dono, come dice Prévert, è la transe-sans-danse! Sarebbe bello a questo punto analizzare tutte le categorie che lo riguardano, ma quella su cui voglio soffermarmi in quest’articolo è quella del dono agli sconosciuti, per esempio in occasione di catastrofi e in aiuto ai paesi poveri; una categoria interessante perché non prevede reciprocità e coinvolge anche le associazioni di volontariato, che fungendo da intermediarie fra estranei, esprimono un modello etico ben diverso da quello delle dinamiche di mercato. Ritorno alla questione iniziale: se il linguaggio del dono sottolinea un valore di legame (al di là del suo valore economico e della sua stretta utilità), questo linguaggio non è altro che un linguaggio d’amore. Un amore che si amplifica laddove si doni qualcosa (anche) a uno sconosciuto, a uno straniero per esempio, o a qualcuno che vive all’altro capo del pianeta, e che non s’incontrerà mai. Quando facciamo un regalo, noi costruiamo un legame sociale che, nell’ottica di una più ragionata consapevolezza di quell’atto, può diventare un comportamento ‘giusto’ per rompere la solitudine, per mettersi in presa con la vita, per trasmettere un’appartenenza e un’attenzione. Sorge spontanea una domanda capovolta a questo punto: Qual è il movente che impedisce di donare invece? Al di là delle difficoltà economiche (considerato che anche un sorriso o un piccolo gesto nei confronti di una persona in difficoltà in generale è già un grande dono!) cos’è che fa sì che un certo numero di persone non doni in assoluto, o doni talmente poco di sé? Di questo magari scriverò un’altra volta. Quel che mi preme di più sottolineare adesso è la mia convinzione che abbandonarsi all’esperienza del dono agli sconosciuti, accettando di essere travalicato da ciò che passa tra noi, consente di vivere qualcosa di molto vicino all’esperienza mistica, dunque alla transe nominata da Prévert. Esistono nella nostra città numerosi luoghi in cui affacciarsi per fare acquisti natalizi, che devolveranno i proventi a persone bisognose di aiuto. Tra questi il temporary store di EMERGENCY, presente anche quest’anno a Bari, così come in altre sedici città italiane; è stato inaugurato pochi giorni fa e resterà aperto dal 29 Novembre al 24 Dicembre. Naturalmente c’è anche un’infinità di altre associazioni che operano secondo la medesima logica, basterà solo scegliere, e nientedimeno (!) si andrà a colpo sicuro evitando il delirio tipico da acquisto compulsivo (e spesso sperperante) dei giorni natalizi. Sicuramente, in questo modo la scelta di un regalo acquistato presso un’organizzazione o associazione di beneficenza acquisirà un valore in più! Il dono implicitamente dedicato agli estranei, agli emarginati, ai dimenticati, a tutti coloro che ipoteticamente non potranno mai ricambiare, s’impreziosisce di un valore maggiore perché si veste della componente etica della partecipazione. Il dono agli sconosciuti, infatti, acquista ‘una dimensione di politica sociale’ in quanto chiama in causa libertà, valori, impegno. Donare insomma fa circolare la responsabilità in un sistema vivente.
Fondamentalmente donare fa esistere.
E allora buone feste e…buoni acquisti solidali a tutti!

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